Umano e dissennato. Il Rione Sanità di Giusi Arimatea

Con lei eravamo già stati a Monaco. L’amica e scrittrice Giusi Arimatea stavolta resta in Italia e ci porta a Napoli, quella dissennata e “per questa ragione, più di ogni altra umana” del Rione Sanità. Una Napoli coi panni stesi che portano le voci dei ragazzini e il ciarlare delle donne partenopee ai balconi, una Napoli che profuma di buon cibo e d’arte con un teatro ricco di un’umanità che “livella” e rende tutti un po’ più simili.

La Napoli di Giusi.

Di Napoli se ne può scrivere all’infinito. È una città talmente policroma da poterne tutte le volte cogliere non solo un colore, ma finanche un’impercettibile sfumatura diversa. 

A Napoli puoi trovare una porzione di mondo tutto tuo. Ché sono tante città in una soltanto e tu puoi scegliere quella che ti si appiccica più delle altre addosso. 

L’ultima volta che ci ero stata l’avevo, come tante altre volte, ammirata, faticando tuttavia a percepirla come un prolungamento di me.

Poi, di recente, ho scoperto il Rione Sanità. Quello di Totò, de “L’oro di Napoli”, di “Ieri oggi, domani” e del teatro di Eduardo De Filippo. 

Da lì ammetto di aver fatto fatica a distogliere lo sguardo anche per poche ore, quelle stesse che mi sono servite per mescolarmi tra i passanti di via Toledo e guardare svogliatamente le vetrine dei negozi. Quelle dopo le quali sono tornata di corsa e ho preso l’ascensore che mi portava in uno dei rioni più dissennati del mondo e, per questa ragione, più di ogni altro umano. 

Siamo nel centro storico, circondati da tesori artistici di inestimabile valore e la bellezza senza grazia che solo l’impronta degli abitanti di Sanità può regalare. 

Panni stesi dappertutto, dolciumi e pizze fritte a ogni angolo della strada, giovani sugli scooter che magistralmente zigzagavano tra le macchine, percorrendo e ripercorrendo la strada principale. 

Mai un attimo di silenzio. E quando il vocio della gente si attenuava ecco percepire da lontano i tamburi di una processione che dopo poco ti sarebbe sfilata davanti. 

Affabilità dovunque.

Al rione Sanità non si lesinano i sorrisi, né le fragorose risate, né quelle conversazioni urlate da balcone a balcone grazie alle quali passavo mentalmente in rassegna molta della cinematografia italiana che si conosce a memoria. 

Bambini a giocare per le strade, senza l’occhio vigile dei genitori, gestendosi come piccoli uomini di sei, sette anni appena. Ragazze disinvolte che portavano impresso nei loro occhi tutta quanta l’emancipazione dell’universo femminile. 

Al rione Sanità c’è inoltre un teatro bellissimo che è una chiesa settecentesca e che è pure un miracolo. Sono giovani e professionisti del settore teatrale a gestire quello spazio che vanta un’ottantina di posti e una pregiata rassegna annuale. Il Nuovo Teatro Sanità è un’isola di creatività in mezzo al deserto e, come tale, offre varie attività formative gratuite, grazie alle quali prova a schiudere le porte di un mondo ancora tutto da esplorare. 

Anche lì ci si sente a casa. E anche lì si respira una meravigliosa aria di comunità che livella, che rende tutti un po’ più simili. 

Per le strade del rione Sanità, tra le cose reali che mi circondavano, io ho ritrovato una piccola parte di me, la più vera, che credevo fosse andata perduta. Ché quando la vita pulsa tu non puoi che pulsare insieme a lei.

Grazie Giusi Arimatea

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