E’ un palcoscenico all’aria aperta piazza Djemaa El Fna. Messe in scena che cambiano ad ogni ora del giorno e della notte.
Ricordo la mattina in cui abbiamo lasciato il Marocco. Avevamo il volo all’alba e ho chiesto al tassista di fermarci in piazza per una spremuta fresca di arance. Sono i primi ad arrivare in piazza, i venditori di arance. Il venditore non lo vedi quasi, nascosto dalle centinaia di arance. Belle, lucide, sembrano piccoli soli. Mi ricordano le arance della mia Sicilia quando ero piccola e il nonno commerciava in agrumi.
A poco a poco vedi comparire i venditori di menta. Infinite varietà ed un profumo che senti già dalle stradine che portano alla piazza. Ci sono poi le venditrici di cesti in vimini e di borse… e che borse. Fantastiche. Ne ho comprate due per la prossima estate. Una la regalo a mamma. E’ splendida.
Da un’ora all’altra ti rendi conto che qualcosa cambia e sono i suoni e i rumori che ti stanno attorno a dartene la consapevolezza. Senti il piffero degli incantatori di serpenti, le urla degli ammaestratori di scimmiette, il tintinnare dei piattini dei venditori d’acqua coi loro costumi gialli, rossi, fucsia, oro.
Ti ritrovi in una delle terrazze dei tanti bar che si affacciano sulla piazza quando il tramonto ti investe e ti stordisce e il suono si fa ancora più incalzante. Arrivano i suonatori di Gnawa con i loro tamburi e le nacchere. Sfilano e suonano tra le donne che chiedono ai turisti di provare un tatuaggio all’henné. Passano accanto ai banchetti con le chiromanti.
Ed è sera quando in decine di bancarelle si comincia ad arrostire, bollire, friggere cibo di ogni tipo. La gente del posto e tanti, tanti turisti sbocconcellano tra uno stand e l’altro. Poi si fermano ad ascoltare i cantastorie che mimano e urlano racconti vecchi di secoli.
Il caos si ferma solo a notte fonda. Per poche ore. Fino a quando i venditori di arance faranno la loro entrata in scena. E tutto ricomincia.