Arrivo al Menara, l’aeroporto di Marrakech, nel pomeriggio. Non vedo l’ora di raggiungere la città antica dove abbiamo scelto l’alloggio. Noto tante poliziotte e, lo ammetto, mi stupisco. Le donne marocchine sono abituata a vederle in abiti tradizionali e coperte dalle testa ai piedi e i miei cliché culturali più scontati e immediati cozzano con le ragazze carine e sveglie che incontro appena scesa dall’aereo. Quella che timbra il mio passaporto ha cuffiette Apple alle orecchie, folti capelli tenuti su alla meglio da una molletta gialla, pronti a scivolare sulle spalle. E’ davvero bella.
L’argomento donne e diritti è uno dei più attuali in terra marocchina. Seduta al tavolo della colazione del mio riad, mi capita tra le mani un numero di TelQuel, una rivista dinamica, spesso malvista dai più tradizionalisti. Leggo che nel gennaio 2014 il parlamento marocchino ha promosso riforme importanti relative alla disparità tra uomo e donna, sempre più anacronistica in un paese che sta cambiando in modo progressivo ed evidente. Le incongruenze però restano e diventano a volte macroscopiche.
Scorro le pagine della rivista e mi viene in mente lei, una donna marocchina che ho conosciuto sulla strada per Essaouira. Parla italiano e ha gli occhi neri, vivi, accesi. L’ho incontrata in una cooperativa di sole donne che lavorano l’argan. Mi ha raccontato di aver lasciato il suo Marocco per amore e di aver vissuto un anno a Sirmione…l’italiano lo parla bene mentre ci spiega i segreti dell’argan ma si blocca, farfuglia, non trova le parole quando gli chiedo perché è tornata in Marocco…è divorziata e non c’è lingua in cui riesca a dirlo senza vergogna…ci offre un seme di argan tostato, sembra una mandorla ma sa di nocciola. Ne spilucca nervosamente una anche lei. Ha lo smalto saltato…poi le chiedo se con l’argan fanno il burro per le labbra. Si rianima, il suo sguardo si riaccende, ridiventa allegra, femminile, maliziosa come lo sono tutte le donne del mondo…
In Marocco una donna divorziata può ottenere la tutela e l’affidamento del suo bimbo ma non ne otterrà la responsabilità legale. Solo il padre potrà decidere se aprirgli un conto in banca, trasferirlo in un’altra scuola, portarlo in vacanza oltre i confini nazionali. Esclusa poi la possibilità di dare ai figli il proprio cognome, così come di trasferire la propria nazionalità al coniuge straniero. In un paese dove esistono donne giuriste, avvocato e magistrato, potrebbero esistere giudici che ancora considerano la testimonianza di una donna valida la metà rispetto a quella fornita da un uomo. Una donna che ottiene un lavoro notturno avrà bisogno di un’autorizzazione speciale con tanto di foto, certificato medico e casellario giudiziale. Si vedrà probabilmente rifiutata una camera d’albergo se sola. Non le sarà consentito il matrimonio con un non musulmano e sarà con ogni probabilità penalizzata al momento di ereditare, obbligata a cedere una parte di quanto le spetta a zii del padre o a parenti di sesso maschile.
Marrakech è una città strana. Per i vicoli della città antica, tra le mura di pisé rosa, sembra di tornare indietro nel tempo di secoli ma basta fare un giro per la città nuova, appena fuori le mura antiche, per capire che qualcosa è cambiato. Ampi viali alla francese, lounge bar, bistrot, palazzi e costruzioni moderni, brand come Zara e Mango, piccole boutique con oggetti di design. Persino un parco con l’accesso ad internet gratuito dove le donne fanno jogging, con completini che le fasciano dalla testa ai piedi e cuffiette colorate. Stavo seduta al tavolino di un bar in piazza El Fna quando ho conosciuto un gruppo di ragazzine che cantavano a squarciagola le hit del momento con i coetanei.
Una Marrakech coniugata al femminile quella di tante imprenditrici, tra cui sempre più marocchine, che gestiscono esercizi commerciali, riad e hammam di lusso. Nella ville nouvelle ho cenato in un luogo magico: El Fassia, un ristorante di cucina tipica marocchina gestito interamente da donne. Le più giovani si occupano dei tavoli, coccolando gli ospiti e accertandosi che tutto sia a posto. Lo fanno sotto la supervisione di altre più mature, belle ed eleganti che gestiscono la sala, la cucina, la parte amministrativa. Ho scambiato una battuta con una delle più anziane sulla scelta delle spezie in una pietanza di pollo, zucca e frutta secca. Una perfetta organizzazione aziendale al femminile.
Ieri, oggi e domani? Chiudo la rivista e non posso fare a meno di pensare alle donne che ho visto lavare i panni nei torrenti delle gole della provincia di Ouarzazate. Panni colorati stesi ad asciugare sulla pietra rossa e bimbe che giocavano nel nulla di poche case disastrate di un villaggio berbero dove spiccava, nuova e moderna, solo la moschea…cambiano i rossi col passare delle ore. Diventano rosa, ocra, viola, marrone…
Che articolo interessante, e un po’ triste. Viaggiando si è testimoni di certe situazioni personalmente, questo ci fa comprendere e crescere… Spero di riuscire presto a visitare il Marocco.
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É un paese che ti incanta e ti travolge coi suoi colori e i suoi profumi. E ti fa riflettere per le tante contraddizioni…ti auguro di andarci presto
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