Budapest. Attraversare il ponte

“Una città grigia e triste” – così in tanti mi avevano descritto la Budapest del post regime sovietico.  Oggi Budapest è colorata, frizzante, dinamica. Il Danubio, con il Parlamento a Pest ed il Bastione dei Pescatori a Buda è un colpo al cuore. Interi quartieri, come quello ebraico, con le facciate dei palazzi ricoperte da murales, sono stati riscoperti e ripensati. Magnifici edifici Art Nouveau di Odon Lechner fanno da sfondo a strade scintillanti piene di locali nuovi, accanto cafè storici e preziose boutique.

Gli ungheresi sono un popolo colto, forse grazie ad un mix speciale di tradizioni slave, turche ed europee. E sono estremamente gelosi della propria storia e cultura. Quando, anni fa, il governo ungherese guidato dal conservatore Viktor Orban, attuale premier, ha annunciato la rimozione della statua del poeta Attila Jozsef, ribelle e visionario, dalle scale alle spalle del Parlamento, migliaia di persone hanno protestato, trasformando il poeta in eroe nazionale e simbolo di contestazione all’attuale governo.

Mi viene in mente un’altra manifestazione e l’immagine di un paio d’anni fa di quel fiume di lucine, i display dei telefonini accesi degli ungheresi, che hanno illuminato e attraversato il Ponte delle Catene in segno di protesta alla web tax, una tassa considerata un nuovo attacco alla libertà di informazione del paese.

Un gruppo di attivisti l’ho incontrato a Budapest nella piazza al lato opposto la statua di Attila Jozsef. Avevo appena terminato la visita guidata all’interno del Parlamento. Mi hanno spiegato il perché della loro protesta contro Orban. Mi hanno persino dato un volantino con le loro ragioni tradotto in più lingue. Si sono organizzati con due ingombranti tende bianche, sopra le quali, ben visibile, campeggia un grosso cartellone.

“Delete Viktor” c’è scritto su, a lettere cubitali. Allo scoccare di ogni ora, e ad ogni cambio della guardia, in segno di protesta civile e silenziosa si ritirano nelle tende e scompaiono per qualche minuto. Nel frattempo, i militari marciano tra i turisti, seguiti da nugoli di bimbi che ridono e se la spassano scimmiottando le guardie.

Secondo la tradizione giapponese, attraversare un ponte è ben più di un modo per muoversi da una sponda all’altra. E’ il passaggio dell’anima ad un livello spirituale superiore che custodisca quanto appreso nel passato e renda migliore il passaggio successivo.

A Budapest di grigio e triste è rimasto solo un muro. Quello costruito la scorsa estate lungo la linea di confine.

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