Francia, Bordolese. Rosso St Emilion

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Ho chiesto a un amico sommelier indirizzi e soste a St.Emilion, il celebre borgo a meno di un’ora da Bordeaux.

Sorridendo, mi ha domandato: “Quanto tempo hai?”.

St. Emilion. Terra di filari

Ho ripensato alle parole dell’amico sommelier quando, lasciata la Dordogna alle spalle, St.Emilion era ormai ad una manciata di chilometri.

Provate ad immaginare una distesa infinita di filari che si perdono all’orizzonte; come quando state ad ammirare il mare e vi sembra che non abbia una fine, onde regolari ed appena increspate interrotte solo da decine di <chateaux>, più che cantine, depositari di un sapere antico che risale al II secolo a.C., quando i Romani piantarono le prime vigne.

E’ qui che crescono le uve Merlot, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Malbec che danno vita ai famosi rossi della zona, il Saint Emilion AOC e il Saint Emilion Grand Cru. E’ qui che nasce la storia di vini leggendari come molti altri in questa parte di Francia. Un disciplinare ferreo  e imprescindibile stabilisce quali sono le cantine che possono fregiarsi di tale denominazione e assegna ogni Saint Emilion Saint Cru a tre livelli di qualità distinti : Grand Cru Classé , ad oggi 64 produttori, Premier Grand Cru Classé, solo 14, Premier Grand Cru Classè A, appena 4.

Ogni produttore ha un sogno: quello di risalire i tre livelli alla successiva revisione che si tiene con cadenza decennale. L’ultima ha avuto luogo nel 2012. Su tutto ciò vigila il Conseil des Vins, il sindacato nato nel 1884 in seno alla Jurade, la confraternita di viticoltori riuniti con radici nel lontano 1199 e costituzione effettiva nel 1948.

Nel cuore del borgo

A St.Emilion ti accoglie la Maison du Vin, dove sono disponibili i vini di 250 cantine riunite e non potrebbe essere altrimenti. Qui la cultura del vino la respiri. Boutique ad ogni angolo invitano alla scoperta di appena una porzione del bordolese, l’area vinicola attorno Bordeaux,  così variegata e complessa.

Nel borgo che la tradizione vuole sia stato costruito in onore del monaco Emilion, per secoli luogo monastico di Benedettini, Francescani, Domenicani e Orsoline e meta di pellegrini lungo il cammino per Santiago di Compostela, il culto del vino rivive nelle sale della Maison all’interno della quale degustazioni di ogni livello possono essere organizzate e chiunque, anche un profano, può accostarsi al mondo della vite appassionandosi.

Mi diverto ad indovinare profumi ed abbinamenti nelle istallazioni proposte al visitatore all’interno della Maison du Vin: cioccolato, frutti rossi, tabacco. Osservo quasi con reverenza i millesimati, le annate più pregiate, mi perdo tra nomi altisonanti e suggestivi.

Il mio amico sommelier  aveva ragione, occorrerebbe del tempo per conoscere e soprattutto apprezzare tutto ciò con la calma e la lentezza che ogni buon vino impone.

A chi invece ha poco tempo come me consiglio una visita all’Ufficio del Turismo dove è disponibile l’elenco degli chateaux che quotidianamente aprono le porte al visitatore e propongono differenti degustazioni. Appena una sbirciata, ma un’esperienza che non dimenticherete.

St.Emilion. A zonzo tra i filari
St.Emilion. A zonzo tra i filari

Chateau Soutard

Lo so, la parola <chateau> fa subito pensare a grandi dimore dal fascino antico. Non tutti gli chateaux son così. Chateau Soutard lo è. Con i suoi viali alberati, le vigne ordinate, la fiera facciata del XVIII secolo e le corti laterali del XVI.

Le prime tracce risalgono al 1513, poi nel 1699 l’acquisto della proprietà da parte di Jean Couture e la costruzione del palazzo nel 1741. Nell’Ottocento lo chateau passa a Jean Lavau, personaggio illustre della zona che avvia Chateau Soutard alla produzione di vino d’alto livello.

Oggi Chateau Soutard appartiene alla società La Mondiale ma ha mantenuto intatto lo charme di chateau con una bella novità: le cantine, interamente rinnovate e perfettamente inserite nel contesto, sono un inno alla tecnologia e all’innovazione, la bottaia sembra più un caveau tanto è bella ed elegante. L’area degustazione è un tempio moderno dedicato al vino, la cella coi millesimati, la vera dote, l’eredità dell’azienda per tradizione, un luogo dal fascino intatto.

Persino la boutique del brand Soutard farebbe invidia a una delle vetrine più belle nel corso principale di una grande città.

E poi ci sono loro, le vigne. A fine settembre coi grappoli ordinati e pronti per essere raccolti a mano, quelli in eccesso eliminati anzitempo, le foglie ripulite. Sullo sfondo il borgo medievale con la Chiesa Monolitica e il suo campanile, creato da un unico blocco di pietra, che svetta sui filari.

Una serata speciale. Chateau Fleur de Roques. La Table de Margot

Sono solo sette i villaggi e le vigne che insieme a Saint Emilion costituiscono il territorio che il 2 dicembre del 1999 l’Unesco ha decretato Patrimonio dell’Umanità per l’unicità delle architetture religiose, viticole e  agricole, espressione di un mondo e di una filosofia di vita al cui centro insiste l’uomo e la natura.

Gli otto insieme a pochi altri per un totale di 22 racchiudono una zona di rara bellezza e tradizione, tra Libourne e Castillon La Bataille, ciascuno con caratteristiche diverse, tutti da scoprire.

A Puisseguin, consiglio una sosta allo Chateau Fleur de Roques. Se volete ci potete anche dormire, io l’ho scelto per una serata romantica a La Table de Margot, il ristorante all’interno. Ho avuto la fortuna di poter cenare all’aperto, sotto le stelle, nel cortile principale della tenuta scegliendo uno dei tre menu proposti.

Una cucina fresca, con prodotti dell’orto e del territorio ma anche gustosa, colorata, a tratti sorprendente.

La Gomerie, chambres d’hotes

La Gomerie, la trovate a pochi minuti dal centro di St.Emilion, immersa nelle vigne di quel <mare verde> di cui vi ho parlato prima. L’edificio, una <batisse girondine>, risale al XVIII secolo, le stanze sono ampie e confortevoli, il giardino fiorito che lo circonda è delizioso con tanti “angolini” in cui rilassarsi e godersi il paesaggio, magari con un buon bicchiere di St.Emilion Gran Cru. Se il tempo lo permette, la colazione si fa sotto al pergolato. E’ grazie a chi ci ha ospitato che ho scoperto Chateau Soutard e La Table de Margot, perché solo chi vive il territorio sa fornire questo tipo di informazioni. Ci tornerei volentieri . Promosso a pieni voti.

Travel Tips

  • Se vi piace l’anguilla, qui, pare, la cucinino davvero bene già dal Medioevo. Chiedete della <lamproie à la Bordelaise>, soprannominata <le vampire des mers>, il vampiro dei mari…capite bene perché ho rimandato alla prossima!
  • Non vi piace il rosso? Tranquilli, se volete bere anche qui un vino locale per voi c’è il Crémant de Bordeaux, bollicine bianco o rosé prodotto dal XIX secolo nella penombra dei sotterranei dell’antico monastero dei Francescani nel Chiostro dei Cordeliers.
  • A proposito di sotterranei: St.Emilion è stata tra il IX e il XIX secolo un serbatoio di pregiata pietra calcarea con la quale sono stati edificati palazzi come il Grand Théatre di Bordeaux. La sua estrazione ha portato alla creazione di gallerie sotterranee, un labirinto infinito di cunicoli oggi visitabili con tour guidati.
  • Se vi dico <macaron> pensate subito ai dolcetti colorati parigini? Resettate. Qui a St. Emilion il macaron creato come tradizione vuole dalle Orsoline che nel borgo si trasferirono nel 1620, ha solo tre ingredienti: mandorle, bianco d’uovo e zucchero.
Apocalypse di Francois Peltier - Chiostro della Collegiale di Saint Emilion
Apocalypse di Francois Peltier – Chiostro della Collegiale di Saint Emilion

4 commenti Aggiungi il tuo

  1. rchiarappa ha detto:

    Ho letto con avidità il tuo reportage e spero presto di poter “replicare” le tue esperienze visive e sensoriali. Noi per quest’anno rinunceremo a Bordeaux e dintorni… ci dirigeremo da tutt’altra parte! 😉

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    1. dettabroad ha detto:

      Grazie Rosalia! Non vedo l’ora di leggerti e farmi venir voglia di ripartire!

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  2. Falupe ha detto:

    St. Emilion è uno splendido angolo di Francia. L’unico rammarico, è l’averlo visitato in sidecar non disponendo di un vano bagaglio sufficientemente ampio 😉

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    1. dettabroad ha detto:

      Come ti capisco! Mi sarei portata dietro l’intera Maison du Vin. Il rammarico più grande è però quello di non avere avuto più tempo. Decine di chateaux, una cultura del vino che si percepisce ovunque. Insomma una favola!

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