
Tra le maioliche antiche esposte al Pepoli, il museo trapanese inaugurato nel 1914 e intitolato al suo fondatore, Conte Agostino Pepoli, ce ne sono due che risalgono al XVIII secolo. La prima rappresenta la pesca del tonno, l’attività di una delle tante tonnare, la seconda Trapani, circondata da barche di pescatori e corallai. Quest’ultima proviene dalla chiesa di Santa Lucia, antica sede della Fratellanza dei Pescatori di Corallo.
Alla fine del Cinquecento di botteghe di corallai in città se ne contavano una ventina, maestri di un’arte assai antica. Tra XVI e XVII secolo, i maestri corallai di Trapani crearono tesori inestimabili, solo in minima parte custoditi oggi al Pepoli.
Non solo corallai, ma artigiani, orafi, argentieri, in grado di lavorare una materia assai fragile e di farlo dandogli forma e vita.

Basta osservare i tratti e la mimica del Cristo del crocefisso, custodito al Pepoli, del trapanese Fra Matteo Bavera che operò nella prima metà del Seicento. O ancora il capezzale della Madonna di Trapani. E poi i gioielli, i calici, una lampada pensile, amuleti e talismani come lo “scursune”, un tempo dono delle nonne ai neonati, una porzione di corallo con, alle due estremità, una testa di serpente e una di pesce.
Infine i presepi: alabastro e coralli che, insieme ai materiali offerti dal mare, te ne riconsegnano, intatta, la magia.
Rossocorallo e l’ultimo ‘curaddaru’. Platimiro Fiorenza
È di un rosso più tenue e più piccolo degli altri il corallo di Trapani. Un tempo, a largo di Trapani, il corallo si trovava a 30- 40 metri di profondità ma, dopo anni di pesca irrispettosa e folle, il corallo di Trapani è diventato molto più raro. Lo si trova a profondità elevata, tra i 70 e i 90 metri, in piccole quantità, quel tanto che basta per renderlo leggenda.
Di quel corallo leggendario, nel 1978, a 80 miglia ad est di Trapani, furono scoperti dei preziosi banchi. Platimiro Fiorenza, maestro corallaio, ne custodisce ancora una piccola parte che continua a lavorare e custodisce come una reliquia. Così come ciò che resta del corallo lasciato in eredità dal padre, da cui ha imparato l’arte.
Perché di arte si parla, se non di genio. Come fai altrimenti a tirare fuori prodigi da un elemento naturale dalla forma e natura tanto speciale?

Il “Medico dei Misteri” (lo chiamano cosi perché ha lavorato a tutti i gruppi statuari della famosa processione pasquale), tiene bottega in via Osorio, accanto villa Margherita, non lontano dalla Giudecca, dove forse un tempo risiedevano le maestranze trapanesi. Dopo aver viaggiato, perfezionato l’arte a Milano, da Giò Pomodoro, è tornato a Trapani. Gli mancava il mare.
La sua Madonna in oro, corallo e pietre preziose è esposta ai Musei Vaticani, la baguette realizzata per Fendi con la tecnica seicentesca del retro incasso ha fatto il giro del mondo, fin dal 2013 la sua opera gli ha reso il titolo da parte dell’Unesco di “Eredità immateriale della Sicilia” e ha fatto sì che venisse inserito tra i “Tesori Umani Viventi” nel libro dei Saperi del Registro delle Eredità Immateriali.

Eppure Platimiro Fiorenza, ultimo “curaddaru”, continuate a trovarlo in bottega, in via Osorio. Con lui la figlia, Rosadea, che porta avanti il progetto culturale “Rossocorallo“, per trasmettere e non perdere l’antica arte del padre e di Trapani tutta.
Perché Trapani è terra di corallo, da tempo immemore. E ancora oggi, se si è fortunati, quando il caos di vacanzieri e turisti è lontano, capita di intravedere nella sabbia bianca di San Vito Lo Capo una sfumatura rosacea, minuscoli frammenti di corallo che il mare restituisce ricordandoci dove siamo.
Il museo dev’essere meraviglioso!!! Come è meraviglioso il crocifisso, dei veri geni nella lavorazione del corallo ❤
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Custodisce tesori inestimabili. Grazie di cuore
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