
Ho seguito la direzione che mi indicava il protagonista di una vecchia foto in bianco e nero. Il suo lungo bastone guardava ad una Sicilia antica, fatta di colline arse e rocce abitate da secoli.
La foto è un pezzo di storia: scattata dal grande fotoreporter di guerra Robert Capa durante il secondo conflitto mondiale, nell’estate del 1943, è testimonianza dello sbarco dell’esercito americano in una Sicilia difficile da tradurre.
Le pietre e i campi sono quelli di contrada Capostrà, nei pressi di un piccolo borgo, Sperlinga, sconosciuto ai più e dal fascino quasi ancestrale.
Sperlinga, dalla notte dei tempi

Viaggiando in Sicilia impari che la storia occupa ogni anfratto e chi quella storia l’ha vissuta fa a botte, affinché resti per sempre ai posteri traccia di quanto lasciato.
Deve fare i conti col tempo che passa e la memoria sempre più corta di chi viene dopo.
A Sperlinga sembra tutto sospeso, come se ogni strato avesse trovato il suo spazio, pronto a raccontarsi a chi ha voglia di ascoltare.
Le prime tracce lasciate qui risalgono all’Età del Bronzo. In quella roccia che ancora oggi domina il paesaggio, uomini, popoli, comunità hanno nel tempo vissuto, amato, pregato.
Su quella roccia hanno costruito Sperlinga: solida, in perfetto equilibrio, superba e fiera.
Sperlinga silenziosa. Un silenzio interrotto solo da chi la abita, ospitale e sorridente.
Non c’è un castello e una rupe su cui poggia. C’è un tutt’uno. Un tutt’uno di roccia.
Nato dalla docile arenaria e diventatone parte integrante, come se la roccia stessa lo avesse inglobato e trasformato, il castello di Sperlinga alterna le tipiche merlature a cavità e grotte, testimoni di architetture ben più lontane nel tempo.
Nell’area comunemente conosciuta come gli ingrottati, si pensa si tenessero antichi riti legati alla misurazione del tempo. Nella Grotta dell’Orologio, da un foro sommitale, si dice che la luce riusciva a penetrare e ad illuminare dodici nicchie, ancora oggi ben visibili.

Luogo di culto, chiesa, magazzino, fortezza militare, ha visto passare normanni, angioini, aragonesi. Persino un geniale cartografo, geografo ed esploratore, Al Idrisi, nato a Ceuta, Marocco, che passò parte della sua vita alla corte palermitana di re Ruggero. Fu il re normanno a dargli l’incarico di redigere un compendio del mondo conosciuto, il Libro di Ruggero, conosciuto anche come “Sollazzo per chi si diletta di girare il mondo”, completato nel 1154. In questa incredibile testimonianza giunta da lontano, si parla di Sperlinga, Isb rl nkah, “grosso casale, nel quale s’aduna ogni ben di Dio…”
Sperlinga continua a far parlare di sé, quando, durante la Guerra del Vespro, nel 1282, fa da cornice ad una delle prove di resistenza più stoiche: vi si rifugia una guarnigione angioina che qui resiste un anno intero all’assedio dell’esercito di Pietro D’Aragona.
“Quod Siculis placuit, sola Sperlinga negavit“. Ciò che ai siciliani piacque, solo Sperlinga non volle. Così recita il testo fatto incidere all’ingresso del castello nel Cinquecento in una Sperlinga ancora memore di quell’assedio e già famosa per superbia e alterigia, gelosa delle proprie origini e di una parlata gallo-italica, giunta sino ad oggi.

Gente che va, gente che viene
Il biglietto del castello a Sperlinga si compra nel bar della piazza, appena sotto la rupe. Ne approfitti per un caffè e ti ritrovi a parlare con la gente del posto. Di Sperlinga, di Sicilia, di siciliani. O dell’ultima troupe che qui ha girato un film o un documentario.
In tanti arrivano sin qui, attratti dai misteri di un luogo straordinario. Ci veniva anche Enzo Sellerio, che nel 1969 fondò con la moglie Elvira, da un’dea di Leonardo Sciascia e Antonino Buttitta, la casa editrice Sellerio: piccoli tomi blu, la carta semplice ma elegante, tante storie, tante emozioni, tanta Sicilia. A Sperlinga, Enzo Sellerio scattò foto che ne hanno fatto la storia e che ancora oggi raccontano l’isola nel secondo dopoguerra.

Sperlinga piaceva anche a Fosco Maraini, fotografo, poeta, alpinista, scrittore, documentarista. Compagno di Topazia Alliata, padre della celebre Dacia, dopo la prigionia in Giappone durante la Seconda Guerra Mondiale, si stabilisce a Bagheria, a Villa Valguarnera, non lontano da Villa Palagonia, la Villa dei Mostri, quella che tanto piacque al regista Giuseppe Tornatore che l’ha scelta per tante delle scene di Baaria.
Storie di una volta, storie che nessuno conosce, storie che tornano e che rivivono. In Sicilia va così, le storie fanno capolino dietro le mura di un antico castello, le stesse che Fosco Maraini amò e raccontò nel suo desiderio di documentare la Sicilia del dopoguerra.

Nella stessa roccia in cui prese forma il castello, sono tante le cavità adibite a ricovero, rifugio, magazzino e persino casa che ancora oggi esistono ma con una finalità diversa. Molte costituiscono un percorso dedicato al viaggiatore che vuole farsi un’idea di come si viveva un tempo a Sperlinga.
Anche il futuro parla del passato a Sperlinga, nel tentativo di non perderne neanche un pezzetto. Così il paese ti accoglie e ti saluta con alcuni murales bellissimi.

E ce n’è uno dedicato proprio allo scatto di Capa, perché qui tutto torna e si svela. Quel Capa che, negli stessi anni, incontrava un altro siciliano, di quelli che la Sicilia l’hanno amata tanto e in modo irripetibile l’hanno raccontata, un giovane Camilleri, il Maestro, che di Robert Capa scriveva: “Adesso, se mi capita di guardare una delle foto <siciliane> di Capa, di quei giorni risento persino gli odori, ricordo i suoni, i le parole, i rumori. Perché Capa, come tutti i grandi artisti, non solo rappresentava il presente, ma sapeva, contestualmente, consegnarcene una memoria eternamente viva e pulsante”.

Adoriamo i tuoi articoli perchè ci portano sempre alla scoperta di angoli insoliti e poco conosciuti della tua splendida regione!
Sperlinga è l’ennesimo gioiello che prende forma nella nostra mente grazie alle tue parole e alle tue foto!
I murales (alcuni dei quali davvero strepitosi) e i paesaggi scolpiti nella roccia lasciano il visitatore davvero esterefatto!
Complimenti Benedetta!
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Grazie ragazzi. Ne sono davvero felice. Grazie, grazie mille.
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