Con Jamal mi fermo spesso al mattino per scambiare una battuta prima di entrare in ufficio. Sta lì, per strada, credo da sempre, da una vita insomma. Con un italiano stentato mi da il buongiorno e mi saluta dicendomi “inshallah”… se Dio vuole sarà una splendida giornata. Si diverte quando provo a recitare i nomi dei palazzi e delle strade che ho visitato a Marrakech. La sua è una città vera, fatta di vissuto e legami antichi, la mia l’esperienza magica di una manciata di giorni rubata alla routine quotidiana.
Mi dice che gli mancano i nidi di cicogne che guardano dall’alto le vie polverose della città antica e che quello che io chiamo palazzo El Bahia, in realtà è il Qaṣr al-Bāhiya ed è il più bello e antico e nobile. Ha ragione. E’ stupendo con i suoi alberi di arance, gli ibisco e i gelsomini all’esterno, i marmi, gli intarsi di legno di cedro e i mosaici ovunque: nelle stanze, nelle scuderie, nell’hammam.
Jamal ha molti fratelli, alcuni dei quali in Europa come lui a cercar fortuna, altri rimasti in patria. Uno di loro lavora nel souk di Marrakech. Ha una bancarella di oggetti in ferro battuto nella parte alta del souk, quella dove c’è la Medersa Ben Youssef, la vecchia scuola coranica, oggi visitabile. Poco più in là ci sono le antiche concerie di Marrakech dove artigiani che si tramandano il mestiere da generazioni trattano le pelli nelle centinaia di vasche all’aria aperta. Lo scenario è irreale. L’odore di guano e ammoniaca forte e acre. I ragazzini per strada ti regalano mazzetti di menta. Si propongono come guide del posto per racimolare qualche dirham.
Il fratello di Jamal ha invece la sua bancarella lontano da quell’odore pungente. Accanto a lui c’è chi vende spezie, dolciumi, erbe officinali. Ci solo coloratissimi chioschi di babbucce, bicchierini per il the, oggetti in pelle, morbide stoffe ocra, rosse, cobalto. Lui lavora il ferro all’interno della bottega e poi vende lanterne ed oggetti per la casa sulla strada.
Esiste solo un momento in cui il tintinnare dei ferri del fratello di Jamal, il vociare dei venditori, il brusio dei visitatori si ferma. Jamal se lo ricorda bene. Accade quando nel caos generale, cinque volte al giorno, dall’alto dei minareti, arriva il richiamo del muezzin alla preghiera. Una preghiera lenta, antica, magnetica. Per me una dolcissima nenia. Tutto resta come sospeso in un tempo che non c’è più, sino al termine della preghiera. Poi il caos riprende il sopravvento e i colori, gli odori e i suoni di Marrakech sono pronti ad inghiottirti nuovamente.