Ci siete mai stati a Mozia, a largo di Marsala? La piccola isola che insieme a Isola Lunga, Santa Maria e Schola forma la Riserva dello Stagnone, la laguna stretta tra San Teodoro e Capo Lilibeo, una delle tre <punte> di Trinacria?

Nell’XI secolo Mozia fu donata dai Normanni ad una comunità di monaci basiliani che si insediarono sull’isola e le diedero il nome del santo patrono, San Pantaleo.
Il suo passato però risale a molti secoli prima, con testimonianze di età preistorica, e la sua fama e ricchezza all’VIII secolo a. C, quando diventò potente colonia fenicia.
C’è poi un nome che è indissolubilmente legato alla fortuna dell’antica Mothia. Il nome di un uomo che se ne innamorò e trasformò l’isola in uno dei poli d’attrazione dell’archeologia in Sicilia, Giuseppe Whitaker, detto Pip.
Giuseppe Whitaker, il signore di Mozia
La palazzina che oggi ospita la Fondazione G.Whitaker la si nota subito tra i pini arrivando in barca sull’isola. Un tempo era la residenza privata di Giuseppe Isaac Spatafora Whitaker, rampollo della celebre e blasonata famiglia la cui villa tardo ottocentesca, a Palermo, è un’oasi di bellezza ed eccezionale peculiarità per le piante rare distribuite negli otto ettari della proprietà.
Si dice che Mozia la scoprì durante una battuta di caccia nello Stagnone. Fu amore a prima vista.
Viaggiatori e geografi stranieri avevano già scoperto il suo passato come colonia fenicia ma fu Whitaker che avviò le prime campagne di scavo nel 1906 riscattando dall’oblio l’isola che Dionisio il Vecchio, tiranno di Siracusa, assediò e distrusse costringendo i suoi abitanti a rifugiarsi sulla terraferma nella colonia di Lilibeo, l’attuale Marsala.
I materiali provenienti da questi scavi formano la collezione Whitaker, una delle raccolte più importanti per la conoscenza della civiltà fenicio punica del Mediterraneo che, insieme agli altri preziosi rinvenimenti effettuati sull’isola negli anni successivi dalla Sovrintendenza di Trapani sotto l’egida dell’Accademia Nazionale dei Lincei e dall’Università di Roma La Sapienza, sono visitabili oggi nel museo di Mozia.
Mozia, un museo a cielo aperto
Tutt’attorno la Fondazione Whitaker e lungo il perimetro dell’isola, Mothia, l’antica e florida colonia fenicia, fa bella mostra di sé.
Lungo sentieri facilmente percorribili tra macchia mediterranea si scorgono i resti della Piscina Sacra, il Kothon, nata su sorgenti di acqua dolce; del Tempio di Melqart, detto del Cappiddazzu; del Tofet, santuario a cielo aperto dove venivano deposti, dentro vasi, i resti dei sacrifici umani ed animali. Si possono immaginare i ricchi traffici e i commerci, le botteghe, i forni per la produzione di vasi e i luoghi per la concia e la tintura dei tessuti.
Avete mai sentito parlare della porpora, la tintura ricavata da una conchiglia usata per tingere i tessuti e ottenere un’infinità di toni dal rosa al lilla, dal violetto pallido al viola scuro?

O del cinabro e del minio, sostanze di origine minerale usate per creare unguenti e belletti? E se vi dicessi che per dare luce al viso si polverizzavano sulle gote dei lustrini preparati macinando dell’ematite o della mica? Make up ante litteram!
A Mozia la strada che non c’è, la strada sommersa
A Mozia fatevi indicare l’antica via di collegamento con la terra ferma. Una vera e propria arteria stradale, lunga circa 1,7 chilometri e larga circa 7 metri, tanto da consentire il comodo passaggio di due carri affiancati. Datata intorno al VI-V secolo a.C., iniziava da Porta Nord, sull’isola e le lastre di pietra con cui fu costruita sono ancora ben visibili appena sotto il livello dell’acqua. Acque basse, bassissime che caratterizzano la Riserva dello Stagnone e creano un habitat naturale unico al mondo.

A Mozia si continua a fare il vino
Quando i fenici abitavano Mozia, il vino era già una componente fondamentale della loro civiltà. E come per un destino già segnato, la strada sommersa che collegava Mozia a Birgi ha continuato per lungo tempo ad essere utilizzata per il trasporto dell’uva. Avete capito bene, dell’uva che, con un primo impianto di inizio Ottocento, veniva coltivata sull’isola e che, una volta raccolta, era trasferita e lavorata nei palmenti di Birgi con i tipici carretti siciliani dalle ruote enormi tirati da poderosi muli.
Poi arrivò la terribile fillossera, un flagello per le viti in Europa e di viticoltura non se ne parlò per un po’. Oggi sull’isola cresce e viene coltivato un prezioso Grillo (insieme ad un olio extravergine d’oliva) la cui cura è stata affidata a partire dal 2007 dalla Fondazione Whitaker a Tasca d’Almerita. É il Grillo Mozia, una delizia con note di ginestra, citronella e tutto il profumo della Laguna dello Stagnone.
D’altronde Marsala è terra di vino e fu proprio il nonno di Giuseppe Whitaker, Benjamin Ingham a cominciare, seguito da Woodhouse e dai Florio, a produrre quel famoso vino, il Marsala, che tutto il mondo volle.
Con il Grillo Mozia rivive l’antico <vino dei fenici> e la mente corre al prezioso reperto recuperato poco distante, nei fondali delle Egadi, lì dove fu combattuta la prima guerra punica: una bottiglia in peltro del quindicesimo secolo con tracce di vino. Un destino che corre e si rinnova lungo i secoli.
Il Giovane di Mozia. Super star dell’isola
Il primo posto di star indiscussa del trapanese se lo contende col Satiro Danzante di Mazara del Vallo, attirando sull’isola i tanti visitatori che salgono sui barconi e raggiungono dalla terraferma Mozia. È il Giovane di Mozia, V secolo a.C., altezza complessiva un metro e 94, uno dei maggiori capolavori scultorei dell’antichità classica, oggi collocato nella grande sala dal tetto a capriate che un tempo era la cucina dei Whitaker.

L’Auriga di Mozia, un’opera talmente speciale da essere esposta in diversi paesi del globo e in varie edizioni delle Olimpiadi e da fare bella mostra a Palazzo Grassi a Venezia su una base realizzata appositamente dall’architetto Gae Aulenti.
Fu rinvenuta nel 1979 nella zona K di Mozia, sotto un cumulo di detriti e fu leggenda: la picconata dell’operaio sul ginocchio, la veglia notturna del custode e il viaggio in trattore fino al magazzino avvolta in materassi e coperte.
Oggi il Giovane di Mozia, forse un dio, forse un magistrato punico, riempie lo spazio della sala che lo accoglie con la sua lunga tunica pieghettata, i muscoli in evidenza, lo sguardo altero, una fila di riccioli impertinenti sulla fronte e sulla nuca.
Come raggiungere Mozia
Mozia e la Fondazione Whitaker sono raggiungibili a bordo di comodi barconi dal fondo piatto necessario per solcare le acque basse della laguna.
Partono dall’imbarcadero storico G.Whitaker in c.da Spagnola, gestiti dalla Arini e Pugliese, Consorzio Turistico Laguna dello Stagnone, che organizza il servizio di traghettamento, tour della laguna e simpatici aperitivi in barca.
I trasferimenti vengono effettuati anche dalla Krivamar Elegant Tour con partenza dalle Saline Ettore e Infersa, nei pressi del Museo del Sale, punto di raccolta per la scoperta delle saline e della Via del Sale e delle tante attività legate al <saliturismo>.

Che voglia di tornare! E questa volta di scendere sull’isola… l’altra volta l’abbiamo solo circumnavigata ed è stato comunque emozionante.
La salicornia in Puglia si mangia ed è buonissima 😉
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A me piace un sacco! L’ho da poco provata nella pasta con le vongole. Una delizia!
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Un posto che pare valga la pena di visitare, magari in tempi meno burrascosi di questi!
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La Sicilia vi aspetta…quando sarà possibile!
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Piccola ma ricchissima di reperti Mozia! Quanta storia di Sicilia deve raccontare questo sito archeologico. Un tesoro a cielo aperto dove la terra con le sue vigne ed il suo vino prezioso inebria il palato. Cosa sarebbe il patrimonio italiano senza i mecenati di un tempo?
Buonissima la salicornia!
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Piace anche a te? Dicevo proprio ora a Rosalia che l’ho provata giorni fa con le vongole. Un ottimo abbinamento!
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Sì, io l’ho mangiata proprio così ed è una combinazione deliziosa
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Non mi ci fare pensare. Sto con un panino al prodìsciutto che mi è rimasto sullo stomaco…
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Ma che isola spettacolare: storia, vino, natura. Praticamente c’è tutto. Ti credo che Mozia se ne innamorò a prima vista. Un tesoro a cielo aperto. Un’isola che davvero non conoscevo.
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Organizzano anche simpatiche gite attorno in barca con aperitivi al tramonto!
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