Peggy Guggenheim. Un quadro al giorno a Dorsoduro

Come sarebbe vivere circondati dalla bellezza? Prendere un caffè in casa propria davanti un Picasso, andare a letto ammirando un Dalì.

Me lo chiedo osservando le foto di Peggy Guggenheim, nella sua casa, oggi museo, a Venezia.

Arrivarci è già un viaggio e un’avventura: Palazzo Venier dei Leoni, oggi Collezione Peggy Guggenheim, è un elegante edificio che si affaccia sul Canal Grande con la sua facciata classica e i leoni in pietra d’Istria. Fa bella mostra nel solenne susseguirsi di palazzi dall’Accademia coi suoi Tiziano e Tintoretto, sino alla Basilica della Salute e Punta della Dogana. L’ingresso, molto più raccolto e intimo, è nella parte interna del sestiere, Dorsoduro, il mio preferito, coi suoi silenzi, le botteghe artigiane, calli e campielli segreti in cui amo perdermi e rallentare.

Diventa casa di Peggy Guggenheim nel 1948 ed è qui che la ricca ereditiera americana trasferisce opere d’arte accumulate negli anni precedenti. “Un’opera al giorno”, il suo mantra, persino quando Hitler seminava il terrore in Europa e lei, ebrea, ritornò in America.

Figlia di banchieri per madre e magnati dei metalli per padre (scomparso nel 1912 a bordo del Titanic), Peggy inizia a vent’anni a lavorare in una libreria di New York, la Sunwise Turn, conosce intellettuali e artisti, comincia a respirare le nuove avanguardie.

Non si fermerà più: tra Parigi e Londra avvicinerà cubismo, surrealismo, espressionismo. Si circonda di personaggi come Samuel Beckett, Pollock, Braque, Max Ernst che diventa il suo secondo marito, espone alla Biennale di Venezia dopo la fine della guerra e finalmente si trasferisce qui, sul Canal Grande.

Continuo a guardare le foto di Peggy cercando di riconoscere le opere oggi disposte nel museo a cui negli anni si sono aggiunte quelle donate da Hannelore e Rudolph Schulhof, le sculture Nasher in giardin,  le altre che arrivano qui per mostre temporanee.

Ad ogni angolo una scoperta. Gli occhi si riempiono di capolavori: L’Angelo della Città di Marino Marini, L’Impero della Luce di Magritte, Sulla Spiaggia di Picasso, Piazza di Giacometti. E poi De Chirico, Pomodoro, Paladino e tantissimi altri di cui non ho mai sentito parlare. In una sola parola bellezza, bellezza a piene mani di cui oggi tutti possono godere grazie alla donazione di Peggy alla Fondazione Solomon R. Guggenheim, il nonno, la cui prima creazione fu la famosa struttura a spirale di Frank Lloyd Wright sulla 5th, a New York.

Lei è ancora qui, a Venezia, sul Canal Grande. La presenza forte, possente.

Bizzarra, folle, anticonvenzionale, volle essere sepolta in giardino, coi suoi cani. Affamata di vita, drogata d’arte, con un fiuto eccezionale per talento e innovazione, regina inimitabile dell’arte del XX secolo.