Napoli. Salgado al PAN con Genesi. Un atto d’amore per il pianeta Terra dal maestro brasiliano della fotografia

Più di 40 anni spesi a raccontare il mondo. Una vita dedicata alle storie degli altri, i più poveri, i reietti, quelli di cui quasi sempre nulla si sa. Pensi a Sebastiao Ribeiro Salgado e la prima immagine a presentarsi è quella dei minatori di Sierra Pelada, la miniera d’oro brasiliana, una bolgia dantesca dove l’uomo perde la dignità di uomo. Quello sguardo, quello dei minatori brasiliani, lo ritrovi nei occhi di profughi e rifugiati di cui Salgado ha documentato il destino, un’umanità in movimento lungo le rotte di guerra e povertà nel mondo.

L’orrore degli scatti africani, le storie dei contadini dell’America Latina, non c’è nulla di tutto ciò nella mostra in corso al PAN di Napoli sino al 28 gennaio 2018. Genesi è un inno alla bellezza, alla meraviglia della natura primigenia, un atto d’amore per il pianeta terra. Lì dove ancora la follia dell’uomo non ha portato terrore e distruzione. Il ricordo degli scatti in Kuwait di Salgado dopo l’incendio di più di 700 pozzi di greggio dopo la Prima Guerra del Golfo, delle immagini di animali impazziti e coperti di pece, lascia in Genesi spazio a foreste pluviali, deserti morbidi come seta, montagne coperte dai ghiacciai disvelati attraverso la macchina fotografica in tutta la loro forza e splendore selvaggi.

La mostra al PAN di Napoli si sviluppa su due piani e in cinque aree tematiche. Le sale che ospitano il Pianeta Sud, i Santuari della Natura, l’Africa, il Grande Nord, l’Amazzonia e il Pantanàl hanno assorbito i colori della terra le cui bellezze Salgado racconta. Intere pareti ora color terra di siena, ora verde salvia o azzurro ghiaccio fanno da sfondo agli scatti del maestro rigorosamente in bianco e nero.

Balene e leoni marini si alternano a tigri ed elefanti liberi nel loro ambiente in un susseguirsi di grazia e forza e in perfetta armonia con i soli uomini e donne presenti in Genesi: popolazioni indigene come gli Himba del deserto della Namibia o i Cayapò dell’Amazzonia. La terra raccontata con lo stupore che si riserva solo ai grandi spettacoli.

La terra com’era, la terra come ancora potrebbe essere. Il documentarista brasiliano è anche il creatore di Instituto Terra che, nello stato di Minas Gerais in Brasile, ha riconvertito alla foresta equatoriale, ormai  a rischio sparizione, un’ampia area in cui sono stati piantati alberi e in cui la vita e la natura sono tornate a fluire. Salgado lo racconta nel documentario Il Sale della Terra proiettato anche nelle sale della mostra.

“Si può fare” potrebbe essere lo slogan di Genesi, prima che sia troppo tardi. Monito e preghiera attraverso la grande arte fotografica.

 

3 commenti Aggiungi il tuo

  1. lillyslifestyle ha detto:

    Io l’ho vista qui a Lisbona, adoro il suo lavoro!!!
    Le mie due amate città sempre più vicine e non solo nel mio cuore.
    Buona giornata!

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    1. dettabroad ha detto:

      Buona giornata a te Lilly ! Sono già tre le cose che piacciono a entrambe: Napoli, Salgado e Lisbona che tu racconti così bene 😀😀😀

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      1. lillyslifestyle ha detto:

        Grazie mille 🙂

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