L’attracco, giù al porticciolo, prima lo chiamavano “purtuso”, buco, anfratto, il più piccolo al mondo.
Arrivare a Ginostra era difficile, viverci quasi inimmaginabile per una come me abituata alla città. Oggi ci hanno costruito un pontile che rende più facile gli arrivi e le partenze ma Ginostra ha mantenuto il suo fascino di isola nell’isola. Non ha strade che la collegano al paese di Stromboli, dall’altro lato del vulcano ci si arriva solo via mare e sul vulcano Ginostra ci sta abbarbicata, funambola.
A me piace perché sembra quasi in equilibrio, provvisoria, e allo stesso tempo quieta e serena con le sue casine, la chiesa, persino più di una bottega.
Una signora mi racconta che in inverno si rimane da soli a Ginostra, in pochi la scelgono e ci si accontenta di quel che c’è, in attesa che l’estate ritorni e con lei il rumore dei turisti. Alcuni scendono dalle barche, fanno una foto con l’asino al porto e vanno via. Troppo caldo. Altri vanno su per le scale e gironzolano per i vicoli, la piazza, i fichi d’india.
C’è profumo di terra ed erbe selvatiche nell’aria. Dalla terrazza di un bar ci godiamo il blu del mare con una granita di limone. Nel silenzio di Ginostra senti solo le cicale.
…è sempre una magia leggere i tuoi racconti! Grazie
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Grazie Simona. Preziosa come sempre
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