Ok stasera hot pot per cena. So come si fa. Sono preparata.
Entriamo in un localino di un hutong, i vicoli tipici di Pechino. Su ogni tavolo in bella mostra c’è il contenitore in rame dentro cui viene inserita la ciotola della zuppa mantenuta a bollore da un cilindro di carbonella incandescente. Una sorta di set x fonduta in salsa cinese.
Scelto cosa si vuole mangiare, i singoli pezzetti di carne, pesce, tofu e verdura si buttano dentro fino a cottura ultimata. Sembra facile. Afferro un pezzetto di carne con le bacchette. In equilibrio precario raggiungo la ciotola della zuppa. Lo infilo dentro e aspetto paziente. Uuhm…sa di poco.
Ed ecco che arriva l’urlo stridulo. È la cameriera che mi guarda inorridita. Si lancia verso il nostro tavolo. Con fare gentile scaracolla l’intero contenuto dei piatti nella zuppa. Con fare altrettanto gentile afferra le mie bacchette, poi un pezzetto di tofu che affoga in una salsina dal colore indefinito e che con fare decisamente gentile mi invita a mandare giù. Ce la posso fare.
Uhmmm…è buono, davvero buono. La salsina ha una base di sesamo e porro ed è deliziosa. Mi cimento con spinaci e patate. Ci sono anche le bacche di goji e i germogli di soia.
La cameriera mi guarda orgogliosa. Sembra mia madre. Persino i locali vicini di tavolo, prima compassionevoli, a tratti col sorriso beffardo stampato su, annuiscono convinti.
È andata. Che hot pot sia.
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