
È luogo di culto ma non serve la fede per comprenderne l’unicità.
Il santuario rupestre di Sant’Antonio a Milazzo conquista per la sua bellezza semplice e immediata.
Chi arriva qui resta in silenzio, vinto dallo stupore e dall’emozione.
Storia di un santo venuto dal mare

Il santuario lo volle la nobile famiglia messinese dei Guerrera che, nel 1575, lo fece costruire proprio lì dove, molto tempo prima, Antonio da Padova trovò rifugio dopo essere naufragato, di ritorno dall’Africa.
Pietra dopo pietra, il santuario rubò spazio alla roccia viva del promontorio di Capo Milazzo, ampliandosi e impreziosendosi di pregiati marmi e di altri manufatti. Le tarsie, appena restaurate grazie al progetto Opera Tua di Coop Alleanza 3.0, riempiono lo spazio e ripercorrono vita e miracoli operati dal santo.

Gli spazi sono modesti, gli ambienti minimi ma grande è il senso di pace e di devozione che qui si respira.
A Milazzo, dopo un lungo viaggio dalle coste africane che lo avrebbe dovuto riportare in Portogallo, il Santo giunse nel 1221, a causa di un terribile naufragio, in compagnia di un confratello, Filippo di Castiglia. Forse approdò tra Tusa e Caronia raggiungendo solo successivamente Milazzo. Di sicuro arrivò dove oggi sono visibili i resti del vecchio borgo dei pescatori La Tonnarella e visse e pregò nella grotta che solo dopo secoli, diventò santuario a lui dedicato.

Commovente, la rievocazione storica del naufragio in occasione dell’800° anniversario il 27 marzo scorso e il corto di Emanuele Torre, Antonio, il santo venuto dal mare, dedicato alla sua figura, nato Fernando Martins de Bulhões a Lisbona e diventato Antonio, Antonio da Padova.

La data del 27 marzo non è casuale: ricorda il 27 marzo del 2020 quando Papa Francesco pregò in una San Pietro deserta e spettrale in piena pandemia Covid 19 e rinnova la preghiera per chi non ce l’ha fatta e per tutti coloro che continuano a naufragare nelle acque del Mediterraneo.
Funambolo sul blu. A strapiombo sul mare
Perfettamente integrato nel paesaggio, il santuario è facilmente raggiungibile con una comoda scalinata dal piazzale principale di Capo Milazzo, lì dove iniziano i percorsi naturalistici dell’Area Marina Protetta di Capo Milazzo che portano alla Piscina di Venere e alla Torre del Palombaro. Da quest’ultimo punto il santuario è ben visibile, incastonato nella roccia. A seguire si srotola morbida la costa siciliana sul Tirreno, all’orizzonte la sagoma dell’Etna. Macchia mediterranea ricopre le pareti scoscese, posidonia e gorgonie rosse, gialle e bianche fanno lo stesso sotto il pelo dell’acqua in un’area sottoposta a stretti vincoli di tutela e a regole assai rigide volute per tutelare questo paradiso in terra.

Sempre ricche di informazioni in tuoi articoli e di meravigliose foto 😉
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Grazie mille!
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Storia affascinante, luogo incantevole (come sempre!). Un’altra perla della SIcilia…
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Grazie Andrea!
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È un gran conforto leggere il suo articolo in un periodo in cui il Santuario subisce ancora i pesanti colpi del tempo. Con la comunità e gli amici di S. Antonio stiamo facendo il possibile per far risplendere questo scrigno secolare di fede e di arte. Continuate a sostenerci.
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È un gran conforto sapere di persone illuminate come voi che custodiscono tesori come il Santuario di S.Antonio. Grazie mille per le sue parole. Nel suo piccolo Viaggimperfetti c’è.
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Che posto incredibile… di una sacralità semplice e diretta che non lascia indifferenti (neanche i non credenti come me). E poi i marmi che sembrano fondersi nella roccia!
Non conoscevo la storia del naufragio, vado a cercare il corto e qualche video sulla rievocazione.
Stai scrivendo una vera antologia di perle siciliane!
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Grazie Orsa. Sempre tanto gentile. Mi piace, sai? Dà un senso al mio volere scrivere.
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