Henri de Toulouse Lautrec. Catania, Palazzo della Cultura in via Vittorio Emanuele II sino al 3 giugno.
Segnatevelo e se vi capita di passare da Catania o da una delle tante città che sta ospitando Lautrec in giro per il mondo, non perdetevela.
Perché tanto entusiasmo? Perché la mostra curata da Stefano Zuffi, 150 opere che arrivano dall’Herakleidon Museum di Atene, non è solo un valido percorso per conoscere l’artista e la sua vita, è un’iniezione di energia, di quella “joie de vivre”, gioia di vivere tutta francese che ha reso celebre la fine dell’Ottocento in Francia, la Belle Époque.
Immaginate una città che diventa sempre più bella con due Esposizioni Universali, 1889 e 1900, che regalano la Tour Eiffel allo skyline, nuovi trasporti e luoghi espositivi. Una città che si accende con la nuova illuminazione a gas dei lampioni e un’energia diversa che trasforma Parigi in un polo d’attrazione per artisti e letterati. In questo panorama, Lautrec scopre come l’arte e il disegno possano raccontare il nuovo tessuto sociale della città: accanto copertine per libri di pregio e spartiti musicali, Lautrec realizza vignette umoristiche, illustrazioni per giornali che raccontano spaccati di vita politica, società, costume. Organizza eventi e arriva a curare inviti e menu. Diventa un maestro nel promuovere con i suoi manifesti, “affiches”, luoghi di ritrovo e locali più cool. Parliamo delle prime formule pubblicitarie per il Divan Japonais, le Folies Bergère, il Moulin Rouge che grazie a Lautrec diventano luoghi del desiderio, à la page, mete irrinunciabili.
E con i locali promossi da Lautrec, nascono le star che li rappresentano: Yvette Guilbert, lunghi guanti neri, mento appuntito e naso lungo, Jane Avril, “melinite”, esplosiva come la dinamite, May Belford con la sua aria ingenua e il micio in grembo “Mia mamma mi ha regalato un gatto nero, vuoi venire a vederlo?”. Coi suoi disegni e con le sue caricature Lautrec riesce a farne dei personaggi che, per fama, riescono ad oltrepassare la Manica, come Jane Avril.
Ho reso l’atmosfera briosa, euforica, frizzante di quegli anni? Forse no…ma la mostra di cui vi parlo ci riesce appieno: non solo opere ma installazioni visive, luci, mobilia dell’epoca, proiezione di filmati e musica, tanta musica…vi assicuro che non potrete fare a meno di canticchiare sulle note del can can e di battere il piede seguendo gonne che svolazzano e piroette sugli schermi.
Toulouse Lautrec era un uomo colto e di origini nobili, fortemente segnato dalla malattia: aveva le gambe corte tanto da avere le fattezze di un nano. Morì a 37 anni piegato dall’alcool e dagli eccessi, assenzio e prostitute (ci sono foto che mi hanno fatto arrossire). Eppure non c’è nulla di triste nel percorso da seguire: chi lo ha curato ha fatto largo al genio e alla capacità di rendere speciale un’epoca di cui è divenuto simbolo.
A tratti fa capolino la sensibilità di un uomo pronto a seguire sino in capo al mondo la “donna che occupava la cabina 54”, quella che incontrò durante un viaggio in nave nell’estate del 1895 nella struggente ricerca di un amore vero. Poi ritorna l’artista, l’uomo dall’ironia sagace ed accattivante, l’uomo ripreso nelle foto in abiti giapponesi che si finge strabico, un’icona, la voce narrante della Belle Epoque.