
Un luogo di delizie. Ci piace immaginarlo così.
La Villa Romana del Casale di Piazza Armerina, Sicilia, una splendida dimora romana, di epoca tardo imperiale, probabilmente appartenuta ad un ricco membro dell’aristocrazia senatoria, un Praefectus Urbi. Forse costruita per volere dello stesso imperatore.
Una residenza nella natura prorompente dell’isola, lontana dal trambusto dei grandi centri, meta privilegiata dedicata al piacere: quello della lettura, dello sport, della natura, della caccia e della cura del corpo.
Patrimonio Unesco dal 1997, oggi la Villa Romana del Casale accoglie i visitatori dopo importanti interventi di restauro, conservazione e fruizione iniziati nel 2004 e offre loro un viaggio nei fasti dell’antico Impero Romano.
Villa Romana del Casale, una casa per stupire. E godere

Grande, sontuosa, sensazionale. Villa Romana del Casale si presenta così, lungo un percorso inevitabilmente caratterizzato da ciò che resta, e che tuttavia, grazie anche alle scelte di restauro e fruizione, comunica ricchezza e opulenza.
La Villa accoglie il visitatore con un ingresso monumentale, una corte porticata, un vestibolo e infine un grande peristilio quadrangolare, attorno cui ruotano gli ambienti della villa. Marmo bianco e bigio venato per le colonne, Breccia di Sciro sui muretti, capitelli corinzi. Non occorre una fervida fantasia per immaginare i giardini rigogliosi, il rumore dell’acqua delle fontane, pace e bellezza.
A nord un complesso termale con ingresso privato e una sala con ogni probabilità adibita a palestra. A renderla unica una meravigliosa rappresentazione del Circo Massimo con una corsa di quadrighe. Con un piccolo sforzo, è semplice “vedere” coloro i quali vivevano la villa, o ci lavoravano, aggirarsi nel frigidario, arricchito da un corteo marino, nelle piscine per i bagni freddi, caldi e di vapore, negli spogliatoi, nella stanza delle frizioni.

E poi le camere private e quelle per gli ospiti, le sale da pranzo. Tutto doveva stupire e sollecitare i sensi, provocare piacere, invidia, rispetto.
La Basilica, la sala delle udienze
Chi vi veniva accolto vi accedeva attraverso un ingresso esaltato da alte colonne in granito rosa egiziano. Mosaici a pasta vitrea e preziosi marmi policromi provenienti da tutto il Mediterraneo che rivestivano pavimenti e pareti, lavorati secondo la tecnica dell’opus sectile, che consisteva nel tagliare e sagomare le lastre e nell’accostarle seguendo un preciso disegno. Al centro dell’abside doveva essere collocato un trono dal quale il signore della casa dialogava con i suoi ospiti.

La Cattedrale era collocata alla fine di un percorso dedicato all’ospite e con la sua posizione sopraelevata dominava tutta la villa. In una sola parola, grandeur che oggi si traduce quasi in commozione per il ripristino degli ambienti, la solennità dei luoghi e, al momento della nostra visita, due opere dell’artista Igor Mitoraj, Ikaro e Ikaria.


Facciamo un gioco?
I mosaici, tanti, preziosi, distribuiti in ogni sala e area della villa, possono essere ammirati in tutta la loro eccezionalità grazie ad un sistema di passerelle e rampe che garantisce una visione dall’alto completa ed esaustiva.
E proprio grazie ai mosaici, è possibile oggi immaginare quali alberi accogliessero i nobili dell’epoca durante passeggiate o battute di caccia. Querce, pini, cipressi, frassini e ancora mirto, rosmarino, menta. Tante le specie botaniche individuate grazie all’esame della composizione dei pollini; tante quelle che fanno da sfondo a scene mitologiche o di vita comune nelle sale della villa. Ed ecco allora veder comparire pere, meloni ed ovviamente uva e fichi, considerato un cibo energetico dell’antichità, essiccati al sole e distribuiti agli schiavi che lavoravano la terra; le Ghiande di Giove, Iovis glandes, o meglio castagne, che come racconta Plinio il Vecchio, venivano arrostite; le mele, avvolte in foglie di fico in ceste cosparse di argilla, conservate nel miele e usate in caso di affezioni dello stomaco. Infine la melagrana, cara al mito di Demetra e Kore, indizio prezioso negli studi fatti a Pompei.





Non mancano gli animali ed in particolare gli uccelli. Alla Villa Romana del Casale i bambini si divertono nella “caccia” al maggior numero di animali. Ci sono lepri, cervi, volpi, cavalli, cinghiali. E ancora pavoni, colombi, falchi, tordi, anatre e aironi. Un usignolo, un cardellino, persino un’upupa, un corvo nero, l’oca, polli sultani e un parrocchetto.
Il giro del mondo. Quello dell’antica Roma
Viene chiamato “Corridoio della Grande Caccia” la stretta e lunghissima superficie, anticamera della Basilica, dedicata alle venationes, le battute di caccia per la cattura di animali da esibire negli spettacoli circensi a Roma. In realtà ammirarne i mosaici metro dopo metro significa fare il giro del mondo, il mondo dell’antico impero romano. Una vera e propria carta geografica, dall’estremo Oriente all’estremo Occidente, popolata da tigri feroci, leoni e rinoceronti. E non può mancare il mitico grifone. È facile scorgere una navis actuaria, una galera commerciale dotata di vele e di remi e adatta a trasporti veloci; seguirne il percorso nei porti più vicini a quello in cui le bestie venivano caricate: la lontana India, la Mauritania, Cartagine, Alessandria. Infine Ostia, Laurento o forse Portus, nei pressi della foce del Tevere, nella “terra tra i due mari”, l’Italia.




Ogni qualvolta che leggo i tuoi pist resto sempre più maibaffascinata, dalle tue spiegazioni e dalle foto 🥀👏
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troppo gentile, grazie di cuore
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