Macskajaj. Il lamento del gatto

Macskajaj. Una parola ungherese impronunciabile che sta per “lamento del gatto” o meglio post-sbornia, sbronza, ubriacatura, hangover. Insomma, se esageri con la palinka, l’acquavite ungherese, la mattina dopo ti svegli col gatto o giù di lì ed è tremendo.

É capitato anche a me.

Peccato che io non avessi esagerato con superalcolici, vino o birra. Mi ero fatta fuori una quantità improponibile – e non dichiarabile – di retes, dobos e palacsinta.

Queste tre parole le so pronunciare, credo, e mi hanno reso smodatamente, incondizionatamente FELICE. Lamento del gatto compreso.

Partiamo dall’ultima, palacsinta. E’ la crepe con ogni tipo di ripieno. Fantastica quella con la crema di albicocche o panna acida.

Retes: dolcissimo strudel ungherese. Il classico è con semi di papaveri e composta di ciliegie ma ce se sono con farciture di ogni tipo. Ne ho contate almeno venti su un banco del mercato coperto di Nagycsarnok. Alla fine della via dello shopping Vaci utca e davanti il ponte della Libertà, è il mercato più grande e antico della città. Bellissimo. Adoro i mercati. Non rivelerò mai quanti tipi di retes ho provato.

Ed infine la Dobos. Sei strati di biscotti sottilissimi farciti di crema alla vaniglia e cioccolato, con su, in cima, sfogliette di caramello ambrato e trasparente e farina di mandorle. La più famosa è quella di Gerbaud in piazza Vorosmaty, dove a Natale c’è il mercatino. Le sale ottocentesche di Gerbaud sono belle ed eleganti, così fate le signore e vi limitate!

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