“Affatata” dalla Scala dei Turchi

Credo che i luoghi speciali abbiano un’anima. Se ti accettano, come creature capricciose e umorali, scelgono di mostrarsi, altrimenti non riuscirai mai a capirli, a vederli davvero.

Io dalla Scala dei Turchi, a Realmonte, vicino Agrigento, c’ero passata più volte. L’avevo intravista, sbirciata, mai goduta. Anche stavolta la strada per arrivarci sembrava difficile da trovare, quasi che giocasse con me a non farsi trovare, a confondermi, a farmi sbagliare percorso. Mi sono ritrovata in un parcheggio anonimo vicino ad  un lido sulla spiaggia e ho iniziato a camminare, piedi nell’acqua, incerta, in un’atmosfera surreale.

Poi lo sperone di marna, la falesia bianca si è presentata, improvvisa. Abbagliante, candida, coi suoi sbalzi dolci che scendono nell’acqua blu e che i Turchi, narra la leggenda, usavano per raggiungere la terraferma. Il profumo, forte e intenso, del mare siciliano che abbraccia l’Africa.

Se la Scala dei Turchi vi accetterà e permetterà che ne sentiate la malia e il sortilegio, restate sino al tramonto, magari con una copia de “La prima indagine di Montalbano”. Lo conoscete? Si, ne sono certa…conosciamo tutti lo scrittore siciliano Andrea Camilleri. Sfogliate le pagine dedicate alla Scala dei Turchi: “…nella parte più bassa, la punta formata dagli ultimi gradoni che sprofondavano nel blu chiaro del mare, pigliata in pieno dal sole, si tingeva, sbrilluccicando, di sfumature che tiravano al rosa carrico…Montalbano si sentì sturduto dall’eccesso dei colori…s’assittò sulla sabbia asciutta, affatato”.

 

 

 

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