Pensavo di aver capito male.
Di vecchi stabilimenti e quartieri fatiscenti, oggi luogo di aggregazione e polo d’arte, ne ho scoperti e visitati tanti in giro per il mondo. Strade ferrate trasformate in piste ciclabili, luoghi destinati all’oblio che si reinventano e cambiano pelle generando nuova bellezza.
Eppure Valencia mi ha lasciato senza parole: qui le cose le hanno fatte davvero in grande e il restyling ha interessato un intero fiume, il Turia, che prima attraversava il cuore della città.
A ogni piena ansia e preoccupazione che l’acqua potesse far danno aumentavano. Nel 1957, con la “gran riada”, l’alluvione di cui ogni valenziano ha memoria, i danni a cose e soprattutto, ahimè, a persone ci furono e furono ingenti e così, finalmente, negli anni 60, si decise di deviare il Turia prosciugandone il letto.
Inizialmente si pensò a costruirci sopra autostrade e nuovi assi viari e solo nel 1986 vinse l’idea illuminata di trasformare l’antico alveo nel più grande giardino urbano di Spagna.
Detta così rende poco l’idea: occorre percorrerli i 9 chilometri interessati per comprendere la portata del cambiamento. 110 ettari di verde aperti al pubblico e del tutto gratuiti che si alternano a fontane, piste ciclabili, campi da golf, aree picnic.
C’è spazio per tutti: c’è chi corre, chi fa yoga, un gruppo che improvvisa un concerto di tamburi, persino un gatto al guinzaglio che va a passeggio coi padroni. Sì, avete capito bene, un gatto al guinzaglio…

E poi ancora un parco gioco per i più piccoli dove decine di “lillipuziani” prendono d’assalto un grande Gulliver con scivoli, corde e percorsi segreti; il prestigioso Palazzo de la Musica, centro musicale inaugurato nel 1987, oggi sede dell’orchestra di Valencia, con la sua cupola di vetro e gli alberi di arancia; un ponte rinascimentale, il Puente del Mar con le sue edicole che ospitano le statue della Vergine Maria e di San Pascual Baylon e, infine, a sud del centro storico, la Città delle Arti e delle Scienze.
Tutti ne parlano da tempo, ovunque ne troverete immagini ma niente vi preparerà allo stupore e alla meraviglia. Città nella città, complesso dalle ardite architetture, qui il verde lascia posto al bianco accecante delle strutture e all’azzurro dell’acqua nelle enormi vasche e fontane.
Sarei rimasta ore ad osservare archi ed angoli che sfidano la gravità chiedendomi come ciò fosse possibile e soprattutto chi avesse partorito tale audacia. Prima firma, indelebile direi, quella del grande e controverso Calatrava che ovunque crei, lascia una scia di polemiche ed innegabili grazia e meraviglia.
Il Palau de les Arts Reina Sofia, l’Hemisferic, il museo delle Scienze Principe Felipe, il parco oceanografico, l’Umbracle, l’Agora, ogni edificio vi lascerà a bocca aperta. Godetevi lo spettacolo, magari con una horchata fresca, la tipica bevanda a base del tubero che da queste parti viene coltivato, la chufa. Proprio davanti il museo delle Scienze dovreste trovare un baracchino che la vende. Affittate un segway o una bici. Oppure fate come me: cercate un posticino al sole ed osservate.
Fiumi verdi, gatti al guinzaglio e città bianche non capitano tutti i giorni.
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