Quando siamo finalmente arrivati non ci credevamo. E scusate il selfie di troppo e l’aria un po’ stanca e intontita ma ci sentivamo davvero due bimbi davanti Batman in carne ed ossa. L’Esercito dei Guerrieri di Terracotta l’avevamo scoperto con un documentario una domenica mattina ed è velocemente entrato a far parte dei nostri sogni di viaggiatori più difficili da realizzare: la Cina ci sembrava lontanissima da tutti i punti di vista.
Quando i Guerrieri di Terracotta, voluti dall’imperatore Qin Shi Huangdi nel 246 a.C., patrimonio mondiale dell’Unesco, ci si sono presentati siamo rimasti senza parole. Perché nessun documentario o immagine ti prepara alla magnificenza di questo sito archeologico: circa 8.000 statue in terracotta raffiguranti i guerrieri dell’esercito imperiale pronti a difendere l’imperatore nel lungo viaggio dopo la morte. E non pensate a simpatici modellini in serie che già sarebbe qualcosa di importante ma a statue fatte a mano, pezzo per pezzo, ciascuna del peso di circa 200 chilogrammi, alte tra 1,75 e 1,95 centimetri, tutte schierate e pronte a combattere in schieramenti infiniti. E non ce n’è una che sia uguale ad un’altra.
La scoperta dell’Esercito di Terracotta risale appena al 1974 quando alcuni contadini intenti a scavare un pozzo incapparono in una volta sotterranea contente migliaia di soldati e cavalli a grandezza naturale. Da allora le fosse riportate alla luce contenenti l’Esercito schierato sono tre e per ciascuna è stato costruito tutt’attorno un museo. Musei in realtà molto simili ad hangar all’interno dei quali puoi muoverti lungo il perimetro delle fosse osservando fanteria, cavalleria e aurighi. L’area è molto grande e pare che solo una modesta parte sia stata scoperta e tirata fuori.
Fanti, arcieri e balestrieri inginocchiati, ufficiali, medio e basso rango. Provate a farvi un’idea con le foto di questo post. Notate le differenti espressioni, i tratti somatici, il tipo di abbigliamento? Persino lo chignon che teneva su i capelli dei militari indicava il rango e lo status sociale del soldato se posizionato a destra del capo o al centro. E poi le scarpe a punta quadrata per il generale, più arrotondate per i cavalieri col cappello tondo e la tesa rigida. Protezione maggiore alle braccia e alle mani e un elmetto per gli addetti all’auriga, armi in bronzo, asce e spade ancora affilate dopo più di 2.000 anni. I cocchi di bronzo tirati da cavalli trovati a 20 metri a ovest dal Mausoleo di Qin Shi Huangdi, ricoperti da ornamenti in oro e argento.
Alcuni guerrieri hanno ferite, altri cicatrici. Sembrano veri e ciascuno con una storia. Mi piace immaginare che i tratti siano stati ideati e modellati rifacendosi a quelli di persone realmente esistite diventate così leggendarie e immortali.
Piccola nota a margine: l’Esercito di Terracotta è fuori città ma “facilmente raggiungibile in autobus”, così sostiene la mitica Lonely Planet con minibus verdi con la scritta “Terracotta Warriors” o con il bus numero 306 che dovreste trovare al parcheggio fuori la stazione ferroviaria di Xi’An. Noi non abbiamo trovato né il bus verde né tantomeno il 306 e dopo aver girato in lungo e in largo con bus e autisti che ci rispondevano sempre “sì, va bene” portandoci dal lato opposto, abbiamo preso un taxi che ci ha portati “quasi” davanti l’ingresso del grande sito. I taxi non sono cari ed estremamente comodi ma vuoi mettere l’emozione di perdersi in Cina? Fate voi.
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