O lo odi o lo ami. Ne detesterai persino l’odore o ne diventerai semplicemente “addicted”, dipendente, drogato.
Di cosa sto parlando? Del garum, anche noto come “caviale degli antichi“, una salsa la cui ricetta e preparazione risale alla notte dei tempi e che in Sicilia impazzava sulle tavole degli antichi romani. Di resti e rovine delle antiche vasche dove veniva preparato il garum ne sono stati ritrovati in tutta l’isola. L’intingolo dal sapore pungente e l’odore penetrante veniva prodotto vicino Palermo e a Lampedusa, Vendicari e Portopalo di Capopassero.
Ma cos’è il garum? Pesce essiccato e fermentato per un lungo periodo al sole. Interiora e carne di sardine, triglie, sgombri e tonno lasciati a fermentare con sale e aneto, coriandolo, finocchio, sedano, menta, pepe, zafferano, origano.
Il garum degli antichi romani ha attraversato tempo e persino spazio. In molti credono che la celebre “colatura” di Cetara sia un diretto discendente del garum e ovunque andiate in Oriente troverete salse tipiche a base di pesce fermentato.
Il garum 3.0 lo fanno però ancora in Sicilia. Io l’ho scovato nella bottega Campisi, un marchio storico nella preparazione di conserve e sughi siciliani. Tra capperi e cucunci, pomodorini pachino secchi e ventresca di tonno troverete anche il garum. Tocca provarlo: o lo odi o lo ami…
Campisi ha il principale punto vendita a Marzamemi, una bottega in riva al mare. O a Noto, sul corso principale.
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