“Quiero extraer de la Tierra su armonía para unirla a mi sentimiento con el arte”.
Manrique, 1992
Può l’arte rendere ancora più belli e armoniosi luoghi e paesaggi naturali a dispetto di speculazione edilizia e consumismo sregolato?
Può l’artista farsi custode dell’ambiente indicando il percorso da seguire per una fruizione allegra e gioiosa ma pur sempre rispettosa?
La risposta è sì: in un mondo in cui si continua a deturpare quanto di prezioso abbiamo e nulla sembra poter frenare questo trend negativo, César Manrique lo ha reso possibile in una delle sette isole delle Canarie, a Lanzarote.
Chi era César Manrique
Genio puro. Passione e ardore. Caparbietà e lungimiranza. Non puoi che pensarlo ammirando la Lanzarote che l’estro di Manrique ci ha lasciato e che ancora oggi, a quasi trent’anni dalla sua morte, continua a seguire la direzione da lui indicata.
Nato a Lanzarote nel 1919, Manrique conosce gli orrori della Guerra Civile e sceglie l’arte e la vita. Lo fa cominciando a studiare architettura a Tenerife e successivamente trasferendosi a Madrid per approfondire pittura presso l’Accademia delle Belle Arti di San Fernando. Diventa velocemente uno dei maggiori esponenti dell’Astrattismo e dell’Informale; le sue mostre ed esposizioni riscuotono successo in tutto il mondo. Vive due anni a New York invitato da Nelson Rockefeller a partecipare a una mostra al Guggenheim Museum e torna a Lanzarote nel 1966 dove dà il via ad una vera e propria rivoluzione.
Ha inizio infatti la creazione di una serie di siti che trasformano Lanzarote in un’isola di colore e bellezza. La parola d’ordine che sembra essere trasportata e <spinta> da un capo all’altro dell’isola dai Juguetes del Viento, le sculture mobili di César, è rispetto dell’ambiente circostante. Pardon, rettifico. Non è mero rispetto, è simbiosi ed empatia.
L’arte si installa negli scenari mozzafiato del luogo e li esalta. Una contaminazione senza precedenti. Scultura, pittura, disegno, architettura d’interni ed esterni concorrono alla realizzazione di una Lanzarote bella, funzionale, fruibile e, dal 1993, ufficialmente Riserva della Biosfera.

Sulle tracce del genio. Partiamo da Cueva de los Verdes
Un sistema di tunnel sotterranei formatisi durante un’eruzione preistorica del vulcano Monte della Corona, a nord dell’isola, nei pressi di La Haria. Avete capito bene: una serie di ambienti nelle viscere della terra, un percorso lungo chilometri che la lava ha percorso delineando grotte, cavità, gallerie, il Túnel de la Atlántida.
Negli anni Sessanta Manrique ne coglie l’unicità e riesce a trasformare un segmento del <tubo> lavico di circa due chilometri in un vero e proprio “viaggio al centro della terra” su più livelli.
“La naturaleza nos ha dado el esplendor de la vida y como espléndida madre tenemos el deber de protegerla de todo peligro, por ser dependientes de ella misma”.
Manrique, 1992
Il paesaggio all’esterno è caratterizzato da distese di lava, ciuffi di vegetazione a perdita d’occhio e nulla lascia immaginare cosa si celi appena pochi metri “sotto”. La discesa graduale svela la meraviglia lentamente. Un sistema di luci rende indimenticabile l’esperienza evidenziando concrezioni fantastiche, svelando stalattiti laviche, amplificando la grandiosità di madre natura. La musica riecheggia nel grande auditorium a circa metà percorso, dove spesso sono organizzati concerti, e pozze d’acqua creano riflessi ed effetti speciali.
Si entra in gruppi di cinquanta con guide autorizzate; alcuni tratti più angusti possono generare difficoltà in chi soffre con la schiena o di claustrofobia. Non ci sono toilettes: le ultime che troverete sono nell’area parcheggio. La visita a Cueva de lo Verdes può essere inserita nel biglietto cumulativo Bonos Vouchers per tre, quattro o sei attrazioni.
Jameos del Agua. Il primo complesso turistico dell’isola
Dimenticate cementificazione e strutture in serie. A Lanzarote Manrique progetta il primo complesso turistico sostenibile dell’isola e lo fa negli anni del boom turistico e dell’inizio delle speculazioni alberghiere.
È il 1966 quando César crea qualcosa di unico e di perfettamente integrato nel territorio all’interno di “bolle” vulcaniche, ambienti scavati dalla lava secondo lo stesso principio di Cueva de lo Verdes, molto ampi e capaci di ospitare un ristorante, bar, piste da ballo, persino una sala concerti con un’acustica straordinaria e capace di accogliere fino a 600 persone.
Ai Jameos del Agua, a pochi metri dall’oceano, vi si accede lungo una scenografica scala dal Jameo Chico dove si trova il ristorante. Per arrivare alla successiva bolla vulcanica dove ad aspettare il visitatore c’è una splendida piscina e un giardino tropicale, occorre percorrere un corridoio lungo 100 metri e largo 13, che attraversa un lago d’acqua salata che custodisce un tesoro. Nel lago, visibile ad occhio nudo, vive una colonia di jameitos, rari granchi albini e ciechi.



Casa Museo del Campesino. Non solo natura. Costumi e tradizioni
Nel 1968 è la volta della Casa Museo del Campesino nell’area agricola La Geria. Stavolta Manrique pone l’accento su tradizioni e costumi dell’isola da sempre abitata da una comunità avvezza a fare i conti con un territorio aspro e difficile.
Con il Monumento al Campesino, un obelisco alto 15 metri creato con vecchi serbatoi d’acqua dipinti di bianco e saldati insieme, Manrique celebra la figura del contadino. Il Monumento alla Fecondità – si chiama così – segna l’inizio di un percorso a cui si accede gratuitamente e che permette di scoprire usanze, tradizioni ma anche colori e sapori dell’isola delle Canarie.
“Yo creo en el ser humano como totalidad, no creo ni en las religiones, ni en las fronteras, ni en las nacionalidades, ni en las banderas”.
Manrique, 1978
C’è ad esempio la riproduzione di una piccola fattoria. In bella mostra gli strumenti tradizionali, pannelli illustrativi sulle tecniche di coltivazione, specie quella della vite e della profumata Malvasia Vulcanica.
Imperdibile poi il MAS, il Mercado Autoctono Sostenible: tante botteghe in semi cerchio che si affacciano su una piazza assolata.
Ogni bottega offre prodotti tipici ma soprattutto la possibilità di accedere a mini laboratori per saperne un po’ di più e scoprire tecniche di produzione. Un esempio: cosa è il gofio e come, da questa farina ricavata da orzo e mais tostato, nascono piatti tipici e prelibati? E come il sale che arriva dalle vicine Saline de Janubio può essere trattato per ricavarne trattamenti aromaterapici? E ancora, avete mai sentito parlare della cocciniglia, il minuscolo insetto che produce l’acido carminico, una sostanza che regala al Campari quel bel rosso vermiglio? A Lanzarote viene come dire “allevato” sulle pale di fico d’india della cui linfa è ghiotto e che per lunghi tratti caratterizzano il paesaggio tra Guatiza e Mala. Al MAS vi insegnano come le larve degli insetti vengono raccolte, essiccate e trasformate in colorante considerato dal 2016 “prodotto di origine controllata”, con caratteristiche uniche e del tutto naturali.

Al centro della piazza, poi, la meraviglia: una scala conduce ad un livello inferiore e ad una galleria scavata nella roccia e nella lava di Lanzarote che porta a un ristorante e sala da ballo. Ancora una volta l’ambiente naturale viene esaltato attraverso architetture esilaranti e avveniristiche.
Dove comanda il vulcano il diavolo di Manrique dà il benvenuto al visitatore
Una superficie di più di 5.000 ettari, gole, crateri, distese di roccia acuminata, crepe ed enormi spaccature, dune di cenere, scie di zolfo. Ecco a voi Parco Nazionale di Timanfaya che in realtà è solo uno dei vulcani, le Montagnas del Fuego, che nel 1730 e per sei anni distrussero e modificarono totalmente la geografia di Lanzarote. Visitare il parco, nonostante le rigide e giustificate regole, è uno dei must dell’isola e lo è ancor di più considerato il contributo di César Manrique a un luogo assai spettacolare.
Per capire di cosa sto parlando occorre raggiungere la LZ67 e avventurarsi all’interno del parco. A darvi il benvenuto troverete un “demonio” forgiato col fuoco dell’isola e il genio di Manrique, ormai un simbolo di Lanzarote e appena dopo, sulla destra, il Centro de Visitantes e Interpretaciòn de Mancha Blanca. Superatelo e riservatene la visita ad un secondo momento. Proseguite quindi sino alla guardiola in pietra lavica dove si paga il biglietto d’ingresso o si mostra il biglietto combinato di cui vi ho già parlato.
Proseguite per circa 3 chilometri sino all’Islote de Hilario dove lascerete l’auto. A partire da questo punto qualsiasi spostamento in autonomia non è consentito ed è qui che troverete il centro visitatori e il ristorante progettato da Manrique, perfettamente integrato nel contesto e letteralmente “abbracciato” dai canyons e dalle valli del parco. Tutto qui è in sintonia col paesaggio. I colori virano dall’ocra al mattone e pesanti padelle stilizzate diventano arredo e simbolo. E’ possibile pranzare con le carni cotte su piastre ardenti grazie al calore del sottosuolo che a pochi metri di profondità raggiunge temperature assai elevate. Lo stesso calore che dalle viscere risale e brucia rami secchi e crea un piccolo geyser a beneficio dei visitatori.
Dall’Islote de Hilario partono i bus autorizzati a percorrere la Ruta de los Volcanes, 14 chilometri e 45 minuti per raggiungere il Pico Partido (il Picco Spaccato), la Montaña Rajada (la Montagna Spaccata) o quella Encantada, la Valle de la Tranquilidad o la Caldera del Corazoncillo (la Caldera del Cuoricino).
E’ il Centro de Mancha Blanca a organizzare invece trekking nella parte meridionale del parco. Le escursioni sono gratuite ma riservate a un numero assai ridotto di partecipanti. Possono essere prenotati online su www.reservasparquesnacionales.es a partire da trenta giorni prima la data prescelta. Un consiglio: prenotate non appena possibile, il numero dei posti a disposizione è davvero esiguo.

Altro consiglio: come già accennato il centro Mancha Blanca è molto utile e interessante per approfondire e acquisire nozioni più specifiche ma se volete raggiungere l’Islote de Hilario e fare il tour completo fatelo di buon mattino e dategli la precedenza. La coda che si crea in tarda mattinata potrebbe costringervi ad aspettare per ore.
Il Mirador del Rio. Da qui l’Africa sembra di toccarla
Appena 130 chilometri che non sono comunque pochi ma qui, affacciati al Mirador del Rio, l’Africa la senti davvero vicina e percepisci come Lanzarote, la più nordorientale, e le sei sorelle siano europee sì, ma fortemente legate al continente africano.
Il Mirador altro non era che un vecchio bunker, un appostamento di artiglieria spagnola, la Bateria del Rio, a due chilometri da Yé, affacciata sull’Oceano Atlantico ad un’altezza di 479 metri. Oggi, grazie all’estro e al genio di Malrique, è stato trasformato in un meraviglioso “balcone” scavato nella roccia, in parte al coperto e separato dall’esterno da una grande vetrata. Alle spalle e ai lati la grandiosità della roccia che scende ripida sino alla costa da cui partono i traghetti per la piccola La Graciosa, l’isola separata da Lanzarote da uno stretto corridoio d’acqua.
Il MIAC. Un’antica fortezza militare trasformata in polo d’arte contemporanea
Nel 1975, il Castello di San Josè, affacciato sul porto di Arrecife, a breve distanza dal centro storico, era ormai in rovina quando Manrique ideò il progetto del MIAC, un polo che raccontasse le massime espressioni dell’arte mondiale e canaria contemporanee con mostre permanenti e non, e fosse luogo di incontro e di aggregazione grazie a workshop e conferenze. A rendere il tutto ancora più accattivante un ristorante sull’oceano collegato all’esterno con una scalinata di pietra lavica e all’interno con una di un bianco abbagliante, una spirale di luce tra quadri e sculture.
Il Giardino dei Cactus. Un giardino in una cava di lava
Un giardino è sempre una bella cosa, quello ideato da Manrique a Guatiza lo è ancora di più perché all’interno di una cava per l’estrazione di cenere vulcanica, che nel tempo diventò discarica, oggi è possibile visitare una delle attrazioni fiore all’occhiello dell’isola.
Il Giardino dei Cactus si presenta al visitatore, che vi accede nella parte più alta, come un grande anfiteatro con terrazze concentriche che degradano dolcemente verso la parte più bassa. Migliaia di esemplari ovunque, più di mille specie diverse di piante grasse che arrivano da Perù, Messico, Cile, Stati Uniti, Marocco, Madagascar, Tanzania, Kenya.
All’interno del sito sono stati realizzati sentieri che permettono di muoversi liberamente tra piante dai fiori e dalle foglie minuscole e alberi enormi che svettano vicino a monoliti di pietra. Un’area per mostre e incontri, il negozio di souvenir, il bar, persino i servizi igienici sono ben mimetizzati e armonici nel contesto. Nella parte più alta un mulino come quelli dove un tempo si macinava mais e orzo per ottenere il gofio. All’esterno un enorme cactus opera di César.
El Taro de Tahiche. Fundación César Manrique
El Taro de Tahiche accoglie inizialmente la casa privata dell’artista che decide di cambiarne destinazione e trasformarla in fondazione nel 1992, stesso anno in cui, a pochi mesi dall’inaugurazione, Manrique muore in un incidente stradale a pochi metri da qui.
L’edificio, costruito su una delle colate laviche riconducibili alle eruzioni vulcaniche sull’isola tra il 1730 e i 1736, è articolato su due livelli ed è perfettamente inserito nel contesto naturale, a tratti quasi una continuazione, grazie all’utilizzo e all’alternanza di elementi tradizionali e altri di concezione più moderna come le ampie vetrate, i vasti spazi. Visitarne i diversi ambienti significa oggi ripercorrere la vita ma soprattutto il pensiero dell’artista grazie a foto e video che ne raccontano le passioni, le idee, il suo pensiero estetico Arte Natura/Natura Arte.
Un uomo dalla possente immaginazione, dall’estro a volte eccessivo e inconfondibile, innamorato della vita e della bellezza, devoto alla sua terra e ai suoi paesaggi. Evidenti le influenze cosmopolite dovute ai suoi studi e ai tanti viaggi. Sorprendente la sua capacità di utilizzare i media e tutti i mezzi di comunicazione per costruire la sua immagine e per sfruttarla al momento giusto: da dandy che prende a morsi la vita, ad appassionato difensore di Lanzarote contro sfruttamento edilizio e costruzioni incontrollate.
L’intera fondazione sfrutta le cinque bolle vulcaniche naturali per ricreare angoli privati, una splendida piscina, giardini tropicali, saloni più intimi, luoghi di svago, ciascuno diverso, ciascuno speciale e sorprendentemente attuali nella scelta dei colori e dei materiali.
A Tahiche non dimenticate di fare un salto al birrificio artigianale Los Aljibes. Perché ve ne parlo qui? Perché nasce da un progetto di César Manrique all’interno di una antica cisterna d’acqua dove oggi è possibile bere un’ottima birra e gustare carne alla griglia. Provate anche i tocchetti di melanzana fritta con “miele di cactus”, la melassa ricavata dalla pianta che più racconta Lanzarote.
César a nudo. La Casa Museo di Haría
“Mi casa está decorada, está pensada en función de la vida, la luz y la belleza. Hay una armonia de espacios y de formas y, sobre todo, un concepto muy funcional con respecto al hombre, al confort y a la alegría. Mi casa tiene una enorme alegría y una luz espléndida”.
Manrique, 1988
Il paese di Haría è molto suggestivo. Qui il tempo sembra essersi fermato tra file di case tradizionali di un bianco candido, piazze assolate e vicoli stretti. La Valle delle Mille Palme protetta dal massiccio del Famara ospita la Casa Museo di César Manrique, la dimora in cui l’artista visse negli ultimi anni della sua vita, tra il 1988 e il 1992. Una tenuta agricola, un giardino di palme, una cascina in rovina che Manrique trasformò per sé e per dipingere i suoi quadri, in un atelier collegato alla casa da un sentiero di polvere lavica.
Ed è il nero della pietra lavica l’elemento predominante insieme al verde della vegetazione e il legno dei soffitti tradizionali di alcuni ambienti.
Ogni oggetto è stato scelto ed accuratamente posizionato: utensili dell’agricoltura e della pesca locali, le splendide lampade create da pezzi di recupero, legno, metallo e bottiglie riciclate, gli schizzi, le foto personali, i suoi libri, maschere africane, camice gracioseras tipiche dell’isola, kimono, sandali giapponesi, un pianoforte a coda…
L’impressione che se ne ricava è che Manrique sia ancora qui e non abbia mai lasciato questa casa. Ci si aspetta di incontrarlo, di accomodarsi in uno dei divani e di poterci chiacchierare un po’.
Anche la cucina dove ci si potrebbe sedere e pranzare e dove persino le ceramiche e i bicchieri raccontano il gusto di César, trasmette intimità, descrive l’uomo, i suoi tempi, la quotidianità.
Le camere da letto, quella interna e la dependance esterna, coi tetti rivestiti di legno, sono piccole oasi dedicate all’ozio e rese speciali da bagni privati spettacolari perché affacciati sui giardini esterni attraverso “muri” di vetro, in un continuum ininterrotto tra natura e spazio privato.
All’interno dell’atelier tutto è rimasto così come era al momento della morte improvvisa di César: i tavoli da disegno, i colori, le lattine degli acrilici che sembrano ancora aspettare di trasformarsi in arte.

Il nostro viaggio sulle tracce di Manrique si ferma qui, ma solo momentaneamente, in attesa di nuove avventure a Lanzarote. Perché quanto scoperto sin qui è solo il Manrique più popolare ma il suo “tocco” è davvero ovunque sull’isola e appare quando meno te lo aspetti. Una piccola anticipazione: César Manrique farà ancora capolino su viaggimperfetti grazie ad una bottiglia di vino…
“Uno de los grandes males que tienen los hombres es el no tener conciencia clara de lo que significa la vida. Es algo tan corto, tan ligero…
Manrique, 1978
Spettacolare!!
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Proprio così! Lanzarote è spettacolare! Grazie mille
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Grazie a te che mi fai viaggiare con storie molto interessanti.
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🙏😀
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Ci deve essere una penalità per l’autore (cioè tu) che scrivi così magnificamente che il posto sembra il paradiso. Come si fa, Benedetta ?? ❤ ❤ ❤
La riserva della biosfera di Lanzarote è semplicemente affascinante. L'immagine su cui hai fatto clic su La Graciosa e Alegranza di Mirador del Rio sembra semplicemente da qualche altro Pianeta del tutto.. 😍😍
Le grotte vulcaniche nere, le lastre di pietra scolpite per formare esotici barbecue all'aperto e gli hotel sono incredibili. Le caratteristiche geografiche, le stalattiti nere e il suolo nero mi fanno sentire che hai fatto un viaggio su Marte e non in Spagna, tranne per il fatto che questa versione di Marte ha un terreno vulcanico nero e non rosso.. 😊😊
Isla de Hilario è uno dei miei obiettivi da visitare in Spagna ora. Il modo in cui le persone hanno creato barbecue e geyser, sfruttando l'energia geotermica, è affascinante e stravagante. Ho scritto un articolo su un posto simile, un geyser in India, governato da Plate Tectonics, proprio come Lanzarote..!!
Grazie mille Benedetta per aver rivelato tale o.. 😊😍 ❤ ❤
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Un geyser in India? Mi hai incuriosita! Ti prego lasciami il link!
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Sì, ci sono 1-2 geyser (entrambi in Himalaya), alcune pozze di fango bollenti (Andamane e Isole Nicobare) e circa 10-12 sorgenti termali dispari (vicino e sull’Himalaya) in India.
L’Himalaya e le isole Andamane e Nicobare sono geotettonicamente estremamente attive. E ci sono state notizie di eruzioni di magma in Himalaya nel recente passato..
https://theunclicheophile.com/2020/05/13/manikaran-melange-paradoxes/
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Quando ho visto “bunker” su twitter mi sono fiondata a leggere! Vengo qui e trovo fortezze militari, giardini ipogei e laghi sotterranei con tanto di auditorium *_* Che terra fantastica, dev’essere un posto davvero speciale! Manrique lo conoscevo, ma apprezzarlo a casa sua è tutta un’altra cosa.
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Orsa io invece l’ho scoperto a Lanzarote e mi ha spiazzata. Mi sono ritrovata spesso a pensare che quanto creato, gli arredi, i colori e il design avrebbero potuto occupare le copertine di oggi. Un’incredibile capacità visionaria e tanto che bisognerebbe imparare per la tutela e il rispetto del territorio.
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Grazie Orsa!
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Beh la capacità visionaria di Manrique era dovuta alla sua sensibilità d’animo, riflesso dell’ambiente selvaggio. Solo quando gli uomini si accorgeranno della perfezione di saper stare in armonia con la natura troveranno la stessa visione dell’artista nelle forme, nei colori, nei movimenti… fortunatamente l’arte è maestra in questo!
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Grazie mille Italo per il tuo pensiero.
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