Gli Stati Uniti avranno a breve un nuovo presidente. Tra qualche giorno l’America voterà e la mente va alle ultime elezioni, quelle che hanno visto combattere per la Casa Bianca Barack Obama e Mitt Romney. Io ero a Boston e ovunque l’attesa per il voto era tangibile, forte. Mi piaceva vedere nei prati delle case le bandierine con i colori del leader, nei bar tazze e bicchieri con le facce dei candidati. Ho seguito i dibattiti finali tra Obama e Romney nei bar, dentro i pub e i ristoranti e in tanti, davvero in tanti, stavano incollati allo schermo, non ne perdevano una parola.
In quei giorni sono stata con Maria e Silvestro, i miei amici americani, al John F. Kennedy Presidential Library and Museum, il museo a Boston dedicato al presidente John Kennedy, appena fuori città. Un edificio bianco con grandi vetrate sull’oceano. Stupendo.
Oltre le vetrate del museo, lungo tutta la sua altezza, lo spettacolo della vita di ogni giorno: gente che correva, famiglie a zonzo. Dentro, un viaggio nel passato nella vita del presidente che tutti conosciamo, quello che abbiamo visto migliaia di volte morire a bordo di una decappottabile a Dallas in Texas, il trentacinquesimo Presidente degli Stati Uniti d’America.
Nel museo non c’è granché sulla morte di Kennedy ma c’è tanto sulla sua vita, privata e pubblica. Foto, video, oggetti che il presidente teneva sulla scrivania, gli abiti della moglie, i figli a Cape Cod, le vacanze a Martha’s Vineyard…Visitare il museo ti permette di conoscere a fondo la vita del presidente, la moglie Jacqueline, il fratello Robert. E’ un viaggio nella grande America, quella dei sogni realizzabili, di Martin Luther King, di episodi che hanno cambiato il mondo, come quello della Baia dei Porci a Cuba, dei primi esperimenti per raggiungere la luna.
C’è un’intera area dedicata alle presidenziali che hanno visto Kennedy e Nixon testa a testa, quando il primo vinse alla grande perché capì quanto importanti fossero i media e l’immagine di sé per presentarsi ed arrivare al cuore degli americani…ve li ricordate i suoi discorsi? “Ich bin ein Berliner – Io sono berlinese”, nella Berlino ovest del 1963, in piena Guerra Fredda. Oggi l’ambasciata americana riporta sulle sue mura la frase di JFK…Al museo di Boston c’è anche un pezzo del muro di Berlino caduto molti anni dopo quella frase.
Pensate che la mia sia una dichiarazione di simpatia per i repubblicani piuttosto che per i democratici? Che vi stia dicendo chi mi piacerebbe vincesse le elezioni oggi? Non ne ho nessuna intenzione, né tantomeno la conoscenza per valutare realtà così lontane dalla mia. Di vicino sento però la partecipazione dei singoli cittadini americani con la loro bandierina nel giardino, la voglia di esserci, di dire la propria, di sentirne la responsabilità. E del museo di Kennedy mi rimane la forza del fare, i limiti destrutturati e capovolti, la capacità visionaria.
Stiamo a vedere cosa succede…