Basilicata autentica. Da Matera a Monticchio

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Basilicata
Il Lago Piccolo di Monticchio dalla Badia di San Michele

Che valore dareste ad una fetta di pane buono?

Me lo chiedo sbocconcellando una porzione generosa di cornetto materano, il pane con la mollica morbida e una crosta assai croccante che fanno solo qui, in Basilicata. Ripenso alla signora che me lo ha venduto stamattina. “Questo è buono pure tra una settimana” – mi ha detto. “È già tanto se arriva a domani” – le ho risposto.

Perché a Matera mangiar bene è cosa facile ed accessibile a tutti. Cibo semplice fatto di materie prime che riconosci subito e poco altro. Cibo “primordiale” ed essenziale. Come la pietra dei Sassi, cibo che vale tanto quanto le meravigliose chiese rupestri e gli ingegnosi palombari.

Ci sono tornata a Matera, nonostante ci fossi stata appena una manciata di mesi fa, perché di bellezza non si è mai sazi e quella di Matera è speciale, di luce vestita e nella pietra scolpita.

Una luce che inonda i campi e le strade tutt’attorno e che regala scenari unici in tutta la regione.

A nord

Decido di seguirla e di risalire la Basilicata sino al confine a nord. La regione mi regala una sorpresa dopo l’altra: la prima sa di fiaba, è quella che mi raccontano i muri delle case di Sant’Angelo Le Fratte, uno dei borghi lucani che la street art ha reso ancora più belli.

Sant'Angelo Le Fratte
Sant’Angelo Le Fratte

La seconda arriva poco dopo e mi fa felice come una bimba. Officine del Gusto di Luigi Buonansegna a Pignola è un esempio di cibo “semplice”, eppure straordinario. Ci fanno gelato, quello a cui nessuno resiste, che ci coccola e ci consola. Qui però lo fanno con i prodotti che raccontano il territorio e che arrivano da realtà agricole che fanno squadra. Scopro la fragola Candonga, coltivata nella piana del Metaponto, il pistacchio di Stigliano, in provincia di Matera, la pera Signora della Val Sinni. Un’esplosione di sapore genuino e autentico.

Officine del Gusto di Luigi Buonansegna a Pignola
Officine del Gusto di Luigi Buonansegna a Pignola

Mi lascio alle spalle Potenza, punto a nord, supero Filiano augurandomi di riuscire ad assaggiare il pecorino che producono qui, magari insieme ad un pezzetto di canestrato di Moliterno o di caciocavallo podolico. Prometto di tornare per visitare il possente castello in pietra arenaria di Lagopesole, la residenza di caccia dell’imperatore Federico II, che già dalla super strada appare grandioso.

Il gigante buono

Proseguo e mi ritrovo al cospetto di un gigante buono, il Monte Vulture, il vulcano spento dalle sette creste irregolari, che sembra quasi disegnato da un bambino. È lui ad aver trasformato il territorio circostante in un eden rigoglioso. Lava, cenere e lapilli che oggi regalano campi, pascoli e soprattutto vigneti, vigneti a perdita d’occhio nei sedici comuni in cui si produce il celebre Aglianico del Vulture, eccellenza lucana e vanto di tutto il Meridione.

Le vigne della Paternoster
Le vigne della Paternoster

Passo le giornate successive a scorrazzare di cantina in cantina, caricando il cofano dell’auto oltre il consentito. Occorre tempo per apprezzare bottiglie uniche, so già che lo farò nelle settimane successive. Cerco però di visitare il maggior numero di cantine, ciascuna speciale a suo modo. Come la Paternoster a Barile con la sua grande struttura moderna e accogliente. Vigne cru con viti antiche e rese bassissime la circondano e danno vita a vini come il Rotondo, morbido e persistente, dai riflessi porpora.

Cantine del Notaio
Cantine del Notaio

O come la Terra dei Re, che vanta vigneti a quota 800 ed una produzione sempre più sostenibile e rispettosa dell’ambiente; Elena Fucci, nata nel 2000 ma da vigneti di famiglia tra i più “anziani” del Vulture; le Cantine del Notaio a Rionero in Vulture, le cui cantine sono un unicum e raccontano una tradizione molto lontana nel tempo.

Sotto le case del paese si aprono decine di cantine sotterranee ricavate dal tufo, le più antiche delle quali scavate dagli albanesi che qui hanno lasciato, vive ed ancora attuali, tracce della cultura arbërëshe. Quelle delle Cantine del Notaio non fanno eccezione, sono splendide e caratteristiche, disposte come un tempo a ferro di cavallo attorno ad un cortile centrale a conca, il “Facile”, utilizzato per la raccolta delle acque piovane. Risalenti al 1600 ed abitate dai Padri Francescani, regalano vini complessi e sono un viaggio nella cultura e nella storia del luogo. Tra le etichette, il Sigillo, la Firma, il Repertorio, tutti Aglianico del Vulture e la Stipula, uno spumante bianco brut metodo classico millesimato.

Scorrazzo lungo la Superstrada Oraziana (persino la toponomastica qui è un viaggio nel tempo e un piacere fatto di parole e suoni) e a Venosa scopro Cantina di Venosa, fondata nel 1957 da 27 soci che oggi sono 350, con 800 ettari vitati e mi regalo un Matematico, Merlot e Aglianico.

Tenuta Lagala, Venosa
Tenuta Lagala, Venosa

Di ciambotta in pettola

Nella terra che ha dato i natali al poeta latino Quinto Orazio Flacco, non posso che “cogliere l’attimo” e provare la ciambotta, un piatto del Sud di origine contadina a base di verdure estive come zucchine, melanzane, peperoni dentro una morbida pagnotta che chi lavorava nei campi portava con sé come fosse un contenitore. La provo in versione rivisitata al ristorante Al Baliaggio di Angelo Fiorisi, una meravigliosa scoperta nel cuore di Venosa: non c’è la pagnotta, (quella è a parte, appena sfornata ed accompagnata dall’olio locale, un’altra dop del territorio) ma un elegante uovo bianco in ceramica. Nasconde una delizia composta da patate, melanzane, zucchine, cipolla caramellata, spuma di peperoni, un goloso crumble di pane e un uovo poché…pura alchimia del gusto. Ci bevo un Aglianico della cantina Madonna delle Grazie, Messer Oto, dedicata alla Fontana di Messer Oto di Venosa, col suo leone in pietra, costruita nel 1300 per il sovrano Roberto D’Angiò, antico lavatoio e luogo comunitario.

Il Complesso della Santissima Trinità
Il Complesso della Santissima Trinità

Venosa è un piccolo borgo che mi conquista col suo castello aragonese e i portici. Poco distante l’area archeologica con mosaici e resti romani, poi gli archi e le campate a cielo aperto dell’Incompiuta, monumentale chiesa iniziata nell’XI secolo e mai ultimata, un gioiello ancora più suggestivo se visto dall’interno della Chiesa Antica, costruita dove un tempo sorgeva un tempio pagano, risalente all’epoca paleocristiana e restaurata dai Longobardi e dai Normanni. Ospita la tomba degli Altavilla e della moglie ripudiata di Roberto il Guiscardo, Aberada. Chiesa Antica e Incompiuta (o Chiesa Nuova) costituiscono il Complesso della Santissima Trinità.

Vino e territorio. Cantina Madonna delle Grazie
Vino e territorio. Cantina Madonna delle Grazie

La pace e la bellezza del paesaggio del complesso della Santissima Trinità anticipano quelle della Tenuta Lagala, cantina, b&b, ristorante. I filari la incorniciano rendendola indimenticabile. Splendida la sala conviviale e la terrazza che si affaccia sulle vigne. A colazione delizie del territorio, torte fatte in casa e puro succo d’uva. Cos’altro altrimenti?

Tenuta Lagala
Tenuta Lagala

Ancora una sosta nella splendida Basilicata, Lavello. La strada per arrivarci da Venosa è di per sé un regalo, “smarrita” tra campi di grano ancora verdissimi e ampie chiazze di terra ricoperte da piccoli fiori di un giallo acceso e punteggiata da vecchi casali. Enormi all’orizzonte, decine di pale eoliche. A Lavello scopro Piazza del Plebiscito, il castello normanno oggi sede del palazzo comunale e del museo civico e Forentum, il progetto nato dalla volontà dello chef Savino Di Noia. Albergo diffuso e ristorante, mi tenta con un altro piatto che profuma di sud, le pettole, pasta lievitata e fritta, che anticipa un sontuoso primo di troccoli, spaghettoni di pasta fresca (lagane, strascinate, ferricieddi, calzoncelli…in Basilicata hai solo l’imbarazzo della scelta), con zucca, pecorino, salsiccia lucana ed ovviamente sua maestà il peperone crusco, la delizia dolce e carnosa coltivata a Senise, essiccata al sole della Basilicata e immersa nell’olio bollente, quel tanto che basta perché diventi in-di-men-ti-ca-bi-le.

Cuore verde

Laghi di Monticchio
Laghi di Monticchio

Ultima tappa nel Vulture di questo nuovo viaggio in una terra di “sostanza”, una terra autentica di cui ci si innamora, inesorabilmente. Vado al cuore del Vulture, nell’antica caldera, vado alla scoperta dei laghi di Monticchio, due specchi d’acqua dal peculiare microclima, casa della rarissima falena bramea, una farfalla. Su quello più piccolo, abbarbicata e funambola, la Badia di San Michele con la Grotta dell’Angelo scavata dagli eremiti giunti agli albori della cristianità. Attorno aceri, faggi, frassini, i resti dell’Abbazia di Sant’Ippolito lungo l’anello facilmente percorribile a piedi che circonda il lago piccolo.

Puro stupore, pura bellezza.

Badia di San Michele
Badia di San Michele

7 commenti Aggiungi il tuo

  1. Nemesys ha detto:

    Come sempre con le tue descrizioni e le tue foto hai fatto viaggiare anche noi 🥀🥀🥀

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    1. dettabroad ha detto:

      Grazie per le tue parole. Mi fanno felice.

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  2. Ci sono luoghi e persone che ti entrano le cuore: la Lucania e i Lucani sono tra questi. Purtroppo ultimamente questi posti (soprattutto Rionero) li conosco e li frequento per ragioni non felici… ma per fortuna che questa terra sa come si confortano gli occhi, il palato e soprattutto lo spirito. Adoro la delicatezza della tua penna! 🙂

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    1. dettabroad ha detto:

      Ciao Orsa! Come stai? Che bello “incontrarti”. Mi dispiace se qualcosa non va per il verso giusto. Sarebbe bello goderci un calice di Aglianico insieme. Un abbraccio

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  3. Abirbhav ha detto:

    Salve alla Grande Duchessa di Sicilia.. Che bel post completato da immagini e aneddoti mozzafiato.. Ho saputo di un nuovo posto da te – Venosa.. Grazie per aver condiviso la storia, la cultura e i cibi unici di questo posto..
    Dalla mia esperienza personale dell’Italia e del pane, posso osare dire che il prezzo è inestimabile, ma in Italia cuocere il pane è un’arte raffinata e l’artista si assume la responsabilità di garantire che il visitatore sia ben nutrito (letteralmente) con un illimitato fornitura di pane..
    Grazie per avermi fatto rievocare i miei bei ricordi del pane italiano e dell’arte raffinata tramandata nei secoli..

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    1. dettabroad ha detto:

      Ma grazie a te Abir e perdona il ritardo nel risponderti. Leggerti è sempre un piacere.

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      1. Abirbhav ha detto:

        Grazie, Benedetta.. Sei così gentile.. 🙂

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