Caravaggio in Sicilia. Tra luce e follia

Maledetto e illuminato. Una leggenda che il tempo non scalfisce ma amplifica.

Caravaggio superstar. Basta farne cenno perché l’attenzione cresca e il suo pubblico si mobiliti.

E non c’è occasione in cui il privilegio di ammirare uno dei suoi lavori non stupisca e commuova.

Nei giorni in cui divampano le polemiche per il prestito ed il restauro de <Il Seppellimento di Santa Lucia> realizzato dal pittore a Siracusa negli ultimi anni di vita e <in prestito> negli ultimi mesi al Mart di Rovereto, ripercorriamo le tappe siciliane dell’artista e quello che oggi rimane del suo passaggio.

Lo facciamo muovendoci nello spazio, nel tempo e nel racconto. Quello del maestro Camilleri che nel 2007 gli dedicò <Il colore del sole>, di uno studioso come Alvise Spadaro, del fumettista Lelio Bonaccorso e della scrittrice Nadia Terranova, di guide e storici dell’arte appassionati che oggi tutelano e raccontano l’arte e i luoghi di Michelangelo Merisi in Sicilia.

La stagione siciliana ha inizio a Siracusa. O forse no. Sulle tracce del mito
Seppellimento di Santa Lucia. Foto web
Seppellimento di Santa Lucia. Foto web

Appena un anno. Caravaggio approdò a Siracusa sul finire del 1608 e al termine dell’estate del 1609 era già per la seconda volta in Campania. Scappava da Malta dove poco prima era giunto per fuggire da Napoli e prima ancora da Roma. Una vita segnata da risse, gioco d’azzardo, donne e persino un omicidio, quello di Ranuccio Tommasoni nel 1606 a Roma che gli valse la condanna alla decapitazione.

Raggiungete Caravaggio nella splendida Piazza Duomo in Ortigia, incontratelo nella chiesa di Santa Lucia alla Badia, regalatevi del tempo per godere ogni dettaglio del Seppellimento di Santa Lucia che l’artista realizzò a Siracusa.

È questo che vi incoraggerei a fare.

Siracusa. Piazza Duomo e sullo sfondo, Santa Lucia alla Badia
Siracusa. Piazza Duomo e sullo sfondo, Santa Lucia alla Badia

In realtà al momento della realizzazione di questo articolo l’opera del Caravaggio è al Mart, il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Rovereto e pare che se ne debba attendere il restauro prima di vederla tornare al suo posto. Giungerà forse a Siracusa il 13 dicembre, in occasione dei festeggiamenti  in onore di Santa Lucia, la Santa Patrona, per poi tornare al nord.

In attesa di rivederla lì dove Caravaggio l’ha concepita, regaliamoci un altro viaggio. Un viaggio nel romanzo di Andrea Camilleri <Il Colore del Sole> di cui è protagonista e narratore.

È a Siracusa che inizia anche la storia del maestro Camilleri: un biglietto misterioso, una sorta di sequestro lampo, l’incredibile scoperta di un diario che Caravaggio avrebbe scritto negli ultimi anni e che avrebbe affidato all’amico fidato Minniti prima di morire.

Le parole servono anche a questo: a ricreare, come per incanto, l’euforia della scoperta, il piacere dell’immagine che prende forma, la consapevolezza di assistere a ciò che in quel momento è vero, tangibile, possibile. È come se foste lì e aveste tra le mani le pagine del diario dell’artista “dall’odore della carta e dell’inchiostro secolari”.

Valle dei Templi. Agrigento
E se invece la prima tappa fosse stata Agrigento?

Ecco che allora non è Siracusa la prima meta del Caravaggio ma Agrigento, dove  si ferma a contemplare incantato il Tempio della Concordia. Non era forse Caravaggio innamorato dell’arte classica in Sicilia tanto da aver coniato l’espressione <orecchio di Dionigi> per indicare la Grotta delle Latomie? E l’ambientazione del Seppellimento di Santa Lucia non sembra proprio quello delle latomie?

Michelangelo Merisi avrebbe poi fatto sosta a Licata dove avrebbe conosciuto  Mario Tornasi, il capostipite della famiglia dell’autore del Gattopardo, e avrebbe realizzato il San Girolamo nella fossa dei leoni, opera attualmente conservata nella chiesa della Confraternita di San Gerolamo della Misericordia e attribuita alla scuola del Caravaggio.

E persino a Caltagirone dove Alvise Spadaro, nel suo <Caravaggio in Sicilia. Il percorso smarrito> racconta di quando bambino ascoltava la storia del pittore geniale che rimase incantato davanti una Madonna cinquecentesca calatina e disse: “Chi la vuole più bella vada in Cielo“.

Ancora una tappa. Caravaggio si rifugia a Messina

Sono mesi di furore e paura. Paura di essere scoperto e raggiunto dalla condanna a morte emessa a Roma e da quella ancor più pericolosa decretata dall’Ordine dei Cavalieri di Malta dopo la rocambolesca fuga dal Forte di Sant’Angelo.

Caravaggio arriva a Messina e realizza due opere grandiose, la Resurrezione di Lazzaro commissionata dal ricco mercante genovese Giovanni Battista de Lazzari e l‘Adorazione dei pastori, voluta dal Senato cittadino.

Sono entrambe custodite al Mume, il Museo Regionale di Messina insieme agli Antonello da Messina e i Montorsoli e accanto collezioni archeologiche (il rostro romano recuperato nelle acque del Tirreno), numismatiche, di arti decorative e arredi sacri. Un museo appassionante e appassionato che vi consiglio di visitare nel nucleo originario e nella parte tutta nuova e da qualche anno inaugurata.

Si potrebbe passare delle ore ad osservare i due dipinti del Caravaggio nella sala a lui dedicata o ad ascoltare i racconti legati a questi capolavori durante le visite organizzate dal museo interdisciplinare.

Ci soffermiamo sul primo, la Resurrezione di Lazzaro, che Francesco Susinno, biografo settecentesco, raccontò sia stato gravemente danneggiato dallo stesso Caravaggio, furioso per le critiche rivoltegli, e realizzato una seconda volta di fretta e furia.

Altra ipotesi, assai più coinvolgente e legata agli studi della storica dell’arte e funzionario del Museo di Messina Donatella Spagnolo, collegherebbe quel Lazzaro a un altro luogo e a un’altra storia, quella di San Placido, giunto a Messina nel VI secolo dopo Cristo su ordine di San Benedetto per fondare il primo monastero dell’ordine.

San Placido morì martire sotto i turchi insieme ai fratelli Eutichio, Vittorio e Flavia e le loro spoglie furono ritrovate nel 1588, durante i lavori di ristrutturazione della chiesa di San Giovanni di Malta. Un evento di grande rilievo e clamore che, con ogni probabilità, arrivò alle orecchie di Caravaggio giunto a Messina pochi anni dopo.

Le ossa ai piedi di Lazzaro potrebbero alludere al ritrovamento dei resti del martire e dei suoi fratelli e Lazzaro stesso al ragazzo che in quegli stessi anni le cronache raccontano essere stato miracolosamente guarito da una malattia polmonare.

Non è forse benedetta l’acqua che ancora oggi sgorga nel giardino della chiesa di San Giovanni di Malta? La tradizione vuole che l’acqua zampilli proprio lì dove le spoglie di San Placido vennero trovate e che, nei secoli, abbia curato e aiutato. Proprio lì dove, ancor oggi, cresce un ulivo secolare che discende da quello del supplizio, accanto cui San Placido morì.

C’è poi un altro tassello che collega Caravaggio alla chiesa di San Giovanni di Malta a Messina: l’ospitalità e accoglienza fornite dal Gran Priore di San Giovanni, Antonio Martelli, legato ai Medici e al cardinale Del Monte, antico protettore dell’artista. Da questo incontro sarebbe nato il celebre ritratto del Martelli oggi conservato a Firenze presso Palazzo Pitti.

Della struttura cinquecentesca della chiesa di San Giovanni di Malta, opera dell’architetto Giacomo Del Duca, allievo prediletto di Michelangelo Buonarroti, oggi rimane una piccola porzione. Grande parte della struttura fece posto nei secoli a quello che oggi è il palazzo che ospita Questura e Prefettura.

Resta comunque oggi un luogo dalla grande bellezza che custodisce il tesoro di San Placido e quello, molto più prezioso, legato alla storia e alle tradizioni della città, nonché, nell’immaginario collettivo, la chiesa rifugio del Caravaggio. É l’associazione Aura a curarne, con passione e professionalità, le visite e la promozione sul territorio.

Caravaggio è pop e a fumetti

Il viaggio di Caravaggio a Messina continua e si arricchisce grazie ad una nuova pubblicazione, un fumetto fresco di stampa, Caravaggio e la ragazza, Feltrinelli Comics, i cui autori sono Nadia Terranova, scrittrice e Lelio Bonaccorso, illustratore.

Ancora una volta il genio maledetto ispira bellezza e una ritrovata identità per la città sullo Stretto. Storia e finzione si intrecciano, ripercorrendo il soggiorno messinese e la creazione delle opere oggi custodite al MuMe e regalando una nuova pagina alla vita dell’artista con il registro e gli strumenti tipici del fumetto.

Palermo. Una leggenda senza fine

Di un’altra Natività si parla a Palermo, quella con i Santi Lorenzo e Francesco d’Assisi che Caravaggio avrebbe realizzato in un periodo di relativa pace prima di un nuovo viaggio verso Napoli nel 1609.

Custodita per secoli nell’Oratorio di San Lorenzo nei vicoli del centro storico, incorniciata dai celeberrimi angeli del Serpotta, venne trafugata da mano ignota nella notte tra il 17 e il 18 ottobre del 1969.

Inchieste, racconti e persino produzioni televisive e cinematografiche hanno, negli anni, provato a ricostruire il furto ma, ad oggi, nessuno sa realmente che fine abbia fatto la Natività del Caravaggio.

La si racconta seppellita nelle campagne palermitane insieme a denaro e droga per mano di narcotrafficanti, distrutta da maiali e topi, al centro di trattative con lo Stato da parte della mafia siciliana, passata da collezionista a mediatore e persino rivenduta in quattro parti ad acquirenti differenti.

Ne parla Sciascia in <Una storia semplice>, i registi Roberto Andò in <Una storia senza nome> , uscito nelle sale nel 2018 con Alessandro Gassman e Micaela Ramazzotti, e Massimo D’Anolfi in un documentario girato tanti anni fa e ritornato alla ribalta da poco tempo.

Perché tanto clamore per questo documentario? Perché registra la testimonianza di Monsignor Rocco Benedetto, all’epoca del furto parroco dell’Oratorio di San Lorenzo, protagonista di una trattativa con la mafia per il recupero dell’inestimabile tela.

Al parroco arrivò una foto del quadro rubato e venne chiesta la pubblicazione di un annuncio sul Giornale di Sicilia come segnale. Pubblicazione che ci fu e che portò, si racconta, alla consegna di un frammento del dipinto. La trattativa però si fermò lì , il parroco, morto nel 2003, indagato e poi scagionato, la Natività, ancora una volta, persa per sempre.

A sostituirla, da qualche anno, una copia patrocinata da SkyArte e realizzata grazie a sofisticati scanner, collocata proprio lì dove una volta era collocato l’originale dipinto da Caravaggio.

Secondo gli studi di Alvise Spadaro, una copia realizzata dal pittore siciliano Paolo Geraci solo pochi anni dopo l’esecuzione dell’originale, è stata ritrovata nelle stanze della Prefettura a Catania.

Un’altra copia, stavolta contemporanea e molto pop, la trovate invece sui muri del piccolo borgo sui Nebrodi San Salvatore di Fitalia realizzata dallo street artist Andrea Ravo Mattoni insieme ad altre opere del pittore geniale e maledetto.

5 commenti Aggiungi il tuo

  1. novecentomilaepiu ha detto:

    della sua pittura mi colpiscono quei chiaroscuri, quella luce che scolpisce i suoi soggetti….
    guardando la sua foto, mi è venuta in mente la vecchia banconota delle 100 mila lire, dove era raffigurato. 🙂

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    1. dettabroad ha detto:

      Io non me la ricordavo più! Sembra una vita fa! Di Caravaggio sono innamorata… come tutti d’altronde. Non sono un’esperta ma mi stupisco ogni volta che ho una sua opera davanti. I dettagli emergono pian piano dai quei giochi di luce di cui parli. E’ il potere dell’arte: si svela a tutti, anche profani, sta a noi saperci stupire sempre. Grazie mille per il tuo commento.

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  2. Luca Perissinotto ha detto:

    Purtroppo io in arte e soprattutto pittura sono una capra. E Sgarbi ha ragione. Non si discute comunque la bellezza di tanta grazia ed arte.

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    1. dettabroad ha detto:

      Grazie Luca. Anch’io lo sono. E’ la bellezza e l’arte a concedersi e a stupire. Noi caprette non dobbiamo far altro che lasciar fare.

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