Viaggi nel tempo. C’era una volta l’Unione Sovietica

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Vi ricordate quando vi ho parlato del mio vecchio atlante del 1984? Quello ritrovato dopo più di trenta anni grazie al pensiero affettuoso di una persona cara? L’ho riaperto pochi giorni fa, quando un’amica, Cetty Alessandro, mi ha sorpreso raccontandomi di un viaggio assai lontano nel tempo, quando ancora, come sul mio atlante, esisteva un’immensa porzione di territorio a est che solo negli anni –  e nelle edizioni successive –  si sarebbe frammentata in tanti stati minori e indipendenti.

Era l’U.R.S.S., Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, nota anche come Unione Sovietica, uno stato enorme che in larga parte oggi attribuiamo all’Europa orientale e in parte all’Asia centro settentrionale, nato a seguito della rivoluzione del 1917 e della conseguente caduta dell’impero russo.

Tra il 1917 e il 1991, anno in cui cessò di esistere, l’Unione Sovietica è stata protagonista di eventi e al centro di scenari che hanno profondamente cambiato il nostro modo di guardare al mondo. Basti pensare alla Guerra Fredda, alla corsa agli armamenti nucleari e a quella per la conquista dello spazio, alla rivoluzione ungherese del ’56, alla primavera di Praga nel ’68, a Solidarnosc in Polonia e al Muro di Berlino in Germania.

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Quando e perché hai raggiunto l’Unione Sovietica Cetty?

Era il 1977 e avevo appena 17 anni. Mi piaceva il russo e lo studiavo al corso di lingua organizzato dall’Associazione Italia-Urss e dalla Facoltà di Scienze Politiche a Messina, in Sicilia. L’Associazione bandì un concorso a cui fui invitata a partecipare. Solo nove borse di studio disponibili e io risultai vincitrice. Non riuscivo a crederci, avevo a portata di mano la possibilità di partecipare a una esperienza più unica che rara.

 Ti piaceva già allora viaggiare?

Mio padre era un grande viaggiatore. Mi ha insegnato a fare il viaggiatore, non il turista. Tra i ricordi più belli con papà c’è il Cairo con lui, io appena tredicenne, un Egitto complicato già allora. Eppure credimi, non c’è momento, immagine, profumo di quel viaggio che non sia per me indimenticabile.

Un lungo racconto, un viaggio nel tempo
Un lungo racconto, un viaggio nel tempo

Come la presero a casa quando hai comunicato che avevi vinto un viaggio in Unione Sovietica lungo un mese e mezzo?

Mi appoggiarono e credo non sia stato semplice per i miei. Riuscii a fare una telefonata all’arrivo e a mandare due telegrammi e tre lettere che arrivarono a destinazione quando io ero già rientrata. Altro che Skype o WhatsApp. Eppure i miei compresero quanto sarebbe stato importante per me e mi diedero il permesso. L’unica terrorizzata era mia nonna, che temeva per la mia vita. Insomma, alla fine mi ritrovai al binario 10 della Stazione Termini con gli altri vincitori, dei perfetti estranei, pronta a partire.

 Eravate solo italiani?

Nove italiani e altri 2500 ragazzi, più o meno miei coetanei, che venivano da cento paesi diversi. Una di loro, una Canadese, Kristen Koza, ci ha scritto su un libro, <Lost in Moscow. A Brat in the URSS>. La casa editrice è la Turnstone Press .

 Raccontaci del viaggio. Dove sei stata?

Il viaggio in treno durò tre giorni pieni e fu davvero un sogno. Ricordo ancora le carrozze di lusso riservate a noi stranieri che, nel mio immaginario, non avevano niente da invidiare a quelle dell’Orient Express. Cristalli, un samovar cesellato e un cuccettista tutto per noi, pronto a servire the e biscotti. Abbiamo fatto sosta a Zagabria, nella Jugoslavia di Tito, poi a Budapest, Kiev e infine siamo arrivati a Mosca. Ricordo il paesaggio nelle ore diurne, ma anche nelle ore notturne (si dormiva poco), i boschi infiniti di betulle….

Un libro che racconta quest'avventura, cimeli dell'epoca
Un libro che racconta quest’avventura, cimeli dell’epoca

 Siete rimasti a Mosca?

Solo otto giorni duranti i quali ci hanno fatto visitare Mosca, una città allora meravigliosa. Ricordo il Cremlino e il Palazzo di Stato (adesso Palazzo dei Congressi), con i suoi 6000 posti a sedere, dove abbiamo assistito agli interventi dei maggiori esponenti di spicco del regime: un privilegio a noi riservato! Allora, se non erro, Breznev era Segretario Generale. E poi la Cattedrale di San Basilio, il Bolshoi, la metropolitana coi suoi <saloni> tirati a lucido. Abbiamo fatto i turisti e le <star>…

 Le star? Cosa intendi?

Eravamo ospiti privilegiati di cortei e parate. Ritengo fosse un modo di “raccontare” l’Unione Sovietica a chi assisteva, ma soprattutto a noi, un pubblico internazionale a cui narrare di una realtà efficiente, accogliente, ben organizzata. Se ci pensi tutto il viaggio fu una buona strategia di <marketing>ante litteram, un ottimo modo di fare propaganda. Il prodotto da promuovere era l’URSS.

Anche il resto del viaggio fu meraviglioso. Abbiamo trascorso tre giorni a Soci, sul Mar Nero, città allora sconosciuta agli “Occidentali”, dove si è tenuta la XXII edizione dei Giochi Olimpici Invernali e dal 2014 si tiene il Gran Premio di Russia valevole per il campionato mondiale di Formula 1. Una piacevole località di villeggiatura che allora era meta privilegiata dei vertici del regime. Ma il periodo più lungo, un mese circa, lo trascorsi ad OrlyonoK, in un <pionierskiy lager>, una sorta di campo vacanze, una colonia.

C'era una volta l'Unione Sovietica
C’era una volta l’Unione Sovietica

 Una giornata tipo?

Sveglia alle sette, alzabandiera alle otto e ginnastica, che puntualmente <bigiavo>, tornando a dormire. Nemmeno i Sovietici sono riusciti a farmi alzare presto! E poi lunghe giornate di tuffi, bagni, sole.

C’era anche quello che potremmo definire un centro addestramento per paracadutisti dove poter effettuare lanci con il paracadute. Fu il mio primo approccio al paracadutismo. Presi il brevetto in Italia a Pontecagnano parecchi anni dopo. 

Come definiresti l’atmosfera del tempo? Siamo abituati a pensare all’Unione Sovietica come un luogo freddo popolato da spie. Il  “Bacio” di Breznev e Honecker diventato murales lungo la East Side Gallery a Berlino, icona della Guerra fredda, si ispira a una foto del ’79, appena due anni dopo il tuo viaggio…

Beh, ad esempio alla dogana controllarono che non avessimo giornali di qualsiasi tipo e a uno di noi vennero persino ritirati i fogli di un quotidiano con cui era stato avvolto un paio di scarpe. Indelebile nella memoria il momento in cui, arrivati in treno al confine sovietico, sigillarono letteralmente finestrini e porte affinché nulla all’esterno, zona di confine e pertanto militare, fosse visibile. Dopo averci “sigillato”, sollevarono il vagone e, cambiato lo scartamento, lo adagiarono sui binari della ferrovia sovietica. E accadde in entrata e in uscita. Stesso canovaccio. Peccato non aver visto la gru con la quale ci hanno alzato in aria…sarà stata enorme!

Scoprimmo una volta lì che i nostri due accompagnatori, due guide eccezionali, erano due tenenti dell’esercito e ti assicuro, la sensazione di essere controllati con discrezione c’era.

Ricordo la sera a Mosca in cui decidemmo di attraversare in autonomia la Piazza Rossa, enorme, meravigliosa…dal nulla sbucarono fuori due militari. Ci andò bene perché facevamo parte della <delegazione italiana>, altroché.

Mi rimase impresso il fatto che la pubblicità non esisteva, in compenso avevamo la tv a colori (che io a casa non possedevo ancora).  

Ti eri fatta una tua idea personale di cosa stava accadendo nel mondo? Avevi una tua posizione al riguardo?

Eravamo ragazzi ma con idee abbastanza chiare al riguardo. Io sono sempre stata orientata a sinistra, ma alcuni dei ragazzi del gruppo erano molto più a sinistra di me! Viaggiammo cantando a squarciagola Guccini e De Gregori. L’URSS era una realtà completamente diversa e stranissima: la musica “occidentale” era assolutamente vietata, i Beatles e i Rolling Stones erano tabù, non era possibile trovare alcun prodotto dell’Occidente, bevevamo una specie di corrispettivo della Coca Cola – la Coca Cola sovietica la chiamavamo – e non mi chiedere cosa fosse. Posso dirti però che l’ho ritrovata all’Expo di Milano di un paio di anni fa. C’erano negozi solo per noi ospiti stranieri, ben diversi da quelli frequentati da chi in quei luoghi ci viveva. Le nostre guide, di cui ti ho già detto, erano alquanto <fiscali> ma con una preparazione spaventosa e una padronanza della lingua italiana non comune. Ad eccezione dei ragazzi del campo e delle guide, abbiamo avuto pochi contatti con la gente del posto. Ma la cosa più strana, adesso quasi inconcepibile, e che per un mese e mezzo non ho avuto nessuna notizia dalla mia famiglia e non ho avuto idea di cosa succedesse nel resto del mondo, completamente isolati!

Una volta rientrata, la mia visione del mondo era più completa e seguii con attenzione cosa accadde negli anni successivi. Ricordi le Olimpiadi nel 1980? L’arrivo di Gorbaciov, la caduta del Muro? Il viaggio in URSS fu un’esperienza di vita sotto tanti punti di vista.

Cetty tira fuori dalla borsa stampe, oggetti dell’epoca, vecchie foto, un pacchetto di sigarette con impresso lo Sputnik, il primo satellite artificiale mandato in orbita attorno alla terra…

Manca però il regalo che mi sono fatta in viaggio, il migliore…

Una fetta di pane con sopra un dito di caviale, quello “vero”, Beluga, chiaramente non pastorizzato, fresco! Ho ricercato quel sapore, per me sublime, altre volte nella mia vita. Un piccolo lusso che ogni tanto mi sono concessa.

Cosa mangiavate?

Se ci pensi solo prodotti locali, non c’era alternativa! Tornai a casa che pesavo sei chili in più! Buonissimi il burro e lo zucchero. E la marmellata di rose. Ricordo le frittelle con la panna acida, il pane nero, il riso cotto con la frutta, le prugne e le mele minuscole…

Mi hai detto che i tuoi genitori ci sono tornati nel 1985 con un viaggio organizzato. Cosa ti hanno raccontato?

Dai loro racconti ho capito che la situazione era già molto diversa e che il cambiamento epocale era già nell’aria”. Ad esempio, loro hanno fatto la Transiberiana e, a differenza del nostro treno, i loro vagoni erano identici a quelli occupati dai Sovietici.

Pensi che avrebbero fermato anche loro se sorpresi da soli in piazza Rossa?

Non credo e di certo i toni sarebbero stati diversi.

Non ti è mai venuta voglia di tornare?

Ci ho pensato spesso e ho sempre rimandato. Ne custodisco il ricordo con cura e ho quasi paura di conoscere una realtà che immagino completamente diversa. Lo scorso agosto sono stata a Budapest e sono andata a vedere la stazione che è rimasta identica ad allora. Ho anche cercato la bottega dove comprammo pane e dolci ma nulla da fare. In compenso c’era il Burger King…

Un grazie di cuore a Cetty Alessandro. I viaggi nel tempo sono assai preziosi perché finestre su mondi altrimenti persi per sempre.

15 commenti Aggiungi il tuo

  1. simonedda ha detto:

    Un’intervista che ho letto con avidità. Quanti possono raccontare di essere stati nell’URSS e di averli vissuti con tutta l’innocenza della giovinezza? Il racconto di Cetty mi ha portata indietro nel tempo. Se fossi in lei anche io continuerei a rimandare il viaggio. Sono così belli i ricordi di un tempo che non esiste più

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    1. dettabroad ha detto:

      Cara Simona ho pensato la stessa cosa: è davvero un’esperienza unica che invidio a Cetty. È la grande Storia, quella che ha cambiato il mondo e di cui Cetty ha in qualche modo vissuto l’incedere. Ma te l’immagini la Piazza Rossa a quei tempi? Credimi, l’ho ascoltata per ore ed è stato bello davvero…

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  2. Beh, un’esperienza direi quasi unica al mondo considerata la giovane età. Cetty mi ha letteralmente fatto fare un viaggio nel tempo.

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    1. dettabroad ha detto:

      Grazie Erica. A noi che amiamo raccontare il mondo e fare i viaggiatori fa un certo effetto. È come aprire una porta su un mondo da scoprire ma che non esiste più…

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  3. rchiarappa ha detto:

    Un racconto straordinario! A cui aggiungo una mia piccola postilla: i miei sono stati nello stesso anno in USA e URSS ma dovettero rifare il passaporto per poterli visitare a distanza di pochi mesi. Dall’ex URSS mi portarono un sacco di cose che conservo ancora gelosamente tra cui il Raketa, lo spartano ma cool orologio russo.
    Sul tema nostalgia: ho sostenuto l’esame di Diritto degli Stati Socialisti nell’89 qualche mese prima della caduta del muro di Berlino. Poi hanno eliminato la cattedra.

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    1. dettabroad ha detto:

      Le tue parole riflettono una concezione diversa del mondo. Non è solo cambiato quel pezzo di pianeta ma l’intero mappamondo. La cosa incredibile è che ciò che c’era prima è davvero dietro l’angolo…Grazie Rosalia!

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    1. dettabroad ha detto:

      Grazie mille. Apprezzo molto. Il racconto di Cetty è nato per caso e grande è stata la sorpresa quando ho scoperto la sua esperienza. Sembra incredibile quanto tutto sia cambiato a distanza di così poco tempo…

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  4. novecentomilaepiu ha detto:

    anche il mio atlante è datato come il tuo…..ho ancora annotati i nomi dei fiumi e monti che riguardavano un determinato Paese…
    cioa, buon prosieguo

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    1. dettabroad ha detto:

      Ciao, buon proseguo a te e grazie . Ah, ti volevo dire che ogni tanto mi ritrovo a sfogliarlo e risfogliarlo…

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  5. Kikkakonekka ha detto:

    Bellissimo resoconto, complimenti.
    Una visione dell’URSS prima (molto prima) della caduta del muro, con tutta quella rigidità che mi attendevo.
    E’ certamente stata una esperienza unica, anche a me piacerebbe molo visitare alcune città russe, chissà de prima o poi…

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    1. dettabroad ha detto:

      Auguriamocelo. Sarebbe interessante per capire quanto è cambiato quel pezzo di mondo e, chissà, magari per sbirciare verso cosa sta andando…

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      1. Kikkakonekka ha detto:

        Perché siamo nati e cresciuti con l’America negli occhi, per un debito di riconoscenza a causa della guerra. Lo trovo giusto.

        Ma mentre la cultura (di massa) americana permeava il nostro paese (e non solo il nostro), un’altra immensa parte di mondo ci veniva nascosta. Una parte di mondo ricca di cultura, tutta da scoprire, che per colpa di in regime veniva di fatto celata al mondo.

        Anche per questo motivo la tua esperienza assume un valore molto particolare.

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      2. dettabroad ha detto:

        La tua è una lettura che apprezzo tanto più che ancor oggi, quando tutto è cambiato, continua ad essere una parte di mondo di cui si sa poco, o meglio, rettifico, di cui so davvero poco. Inutile aggiungere che la curiosità di saperne di più è forte e che la storia di Cetty sarà senz’altro per me stimolo per nuove ricerche e scoperte…

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