Grani sodi, tondi e irregolari, piccoli e più grossi, ruvidi in bocca, insaporiti dal sugo e dalla polpa della cernia, sono quelli del cous cous della signora Maria, “incocciato” a mano, cresciuto con olio di gomito e tanta passione. L’ho mangiato allo Sceccu d’Oru, il ristorante del Baglio di Donna Franca, in contrada Florio, a pochi chilometri dal centro di Marsala, un’antica costruzione siciliana immersa tra vigneti appartenuta alla famiglia Florio e dedicata alla figura mitica di inizio Novecento di Donna Franca, moglie di Ignazzittu Florio, ritratta dal Boldini col suo filo di 365 perle, spalle e caviglie scoperte.

Il Baglio, “bahal”, cortile in arabo, cresce e ruota attorno una torre cinquecentesca che una volta ricadeva nell’antico feudo “Abbadessa”, come il bianco IGT, uve Grillo e Zibibbo, che oggi producono i nuovi proprietari. Il Baglio Donna Franca è infatti, oltre che relais, cantina vinicola, visitabile ogni giorno.
L’Abbadessa del 2012 l’ho provato col cous cous della signora Maria, vincitore più volte al festival di San Vito Lo Capo che da anni ruota attorno la specialità mediterranea. Lei però, concreta e schiva, non ve lo dice. Preferisce farvi assaggiare le busiate al tonno, le polpette di neonata, i ricci, i ravioli fritti stracolmi di ricotta e cioccolata…
Al tramonto, con un bicchiere di passito Aruta prodotto al Baglio, ho fatto un giro in terrazza. E mi sono persa nel mare delle Egadi con Favignana, Levanzo e Marettimo precedute dall’antica Mothia e dalla riserva dello Stagnone.

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