Siria. Siria. Siria

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Ci sono luoghi “grigi” nella geografia mondiale di ognuno di noi. Zone del mondo, vicine o lontane, che nell’immaginario comune e personale sono poco più che buchi neri. Città, strade, monti, fiumi ignoti. Abitanti, tradizioni, clima, informazioni opache ed indistinte.

Io, della Siria, non sapevo nulla e non avevo nemmeno in programma di andarci. Che stupida. Non sapevo quanto fosse bella. L’ho scoperta solo quando una guerra assurda, come assurde sono tutte le guerre, l’ha ridotta ad un cumulo di macerie sotto le quali sono state sepolte le persone che la rendevano unica, con la sua cultura, la sua storia. Ne ho chiacchierato a lungo con chi in Siria c’era stato. Le voci che ho ascoltano raccontano tutte di un oasi di bellezza ma anche di una realtà contraddittoria, da conoscere.

Zia Teresa c’è stata prima del disastro. Mi racconta che era il 1991 a Guerra del Golfo in pieno corso. Tutti le dicevano “Non andare, è pericoloso. L’Iraq è vicino”, ma lei si è incaponita e l’ha girata tutta, in lungo e in largo. Mi racconta che al mattino le piaceva fermarsi nella hall dell’albergo per leggere i giornali dal mondo. Avevano tutti lunghe strisce nere che tentavano di censurare parte della realtà, oscurando articoli, note e commenti non graditi al regime.

Con zia Teresa ho ricostruito una geografia che sconoscevo. Aleppo, Damasco, le città minori, i siti archeologici, le distanze dalla Giordania, dal Libano. Mentre mi racconta il suo viaggio, Zia Teresa non riesce ancora a credere a cosa sia successo. Parliamo subito di Palmira, la magnifica città di Zenobia. E come non farlo. Del tempio di Baal, la via colonnata, i bagni, l’anfiteatro, la cittadella di Fakhr Al Din ne parlano tutti. Teresa ne ricorda la bellezza, la posizione unica sulla strada che costeggia il deserto siriano, la luce speciale, il bagno nelle vasche dedicate alla regina Zenobia.

“Guarda” mi dice indicandomi la cartina ormai stinta e consumata che ha conservato “si trova proprio nel cuore del paese, se ci pensi nel cuore di tutto. Qui” – e mi indica la strada per Homs – “ci siamo fermati a prendere un tè e a riposarci un po’. Abbiamo conosciuto Amir. Era in viaggio con la moglie, una ragazza bellissima. Ci hanno raccomandato un ristorante a Aleppo, vicino la moschea del califfo Omayyade al Walid. Del minareto della moschea non resta più nulla e chissà che fine hanno fatto quei due ragazzi…in quel ristorante ci abbiamo mangiato ed è stato incredibile…”

Teresa mi fa vedere delle foto del Crac dei Cavalieri, Qal’at al Hosn, la più famosa cittadella medievale del mondo con le sue 13 torri, i corridoi, le stalle, i ponti. Man mano che il dito scorre sulla cartina, i luoghi prendono forma. Appare Maaloula, a una cinquantina di chilometri da Damasco, con le casette colorate scavate sulla parete del massiccio del Kalamon, come sospese a mezz’aria e poi il monastero di San Sergio e quello di Santa Tecla dove si parlava ancora l’aramaico, il linguaggio di Gesù.

Le immagini più belle sono quelle di Damasco. Trovarne oggi è difficile. Provate a fare una ricerca semplice su Google. Solo sangue, distruzione. La Grande Moschea era stupenda con i suoi minareti, la sala per la preghiera al cui interno stava protetta la tomba di Giovanni Battista, i mosaici dorati. E poi i souk, un colpo al cuore: erano bellissimi. Colorati, caldi, animati da un’umanità cosmopolita e attraversati da tutte le lingue del mondo. Teresa ne ricorda i profumi. I saponi, le spezie, le essenze preziose. Vivere Damasco o Aleppo è stato per molti un’esperienza unica, una tappa importante per capire il Medio Oriente nel mondo.

E’ di qualche giorno fa la notizia dell’installazione dell’arco del tempio di Bel di Palmira a Trafalgar Square, Londra. Una copia in scala dell’arco eretto sotto l’imperatore Settimio Severo e distrutto oggi, dopo secoli, dall’Isis. L’arco è rimasto tre giorni davanti la National Gallery, poi è stato trasferito a New York. Seguirà Dubai e tantissime altre città con la speranza che presto possa essere portato a Palmira, che presto la guerra in Siria si fermi, finisca. Ce lo auguriamo tutti. Tanto.

Nel frattempo si continua a sparare e a bombardare.

6 commenti Aggiungi il tuo

  1. Silvia Rossi ha detto:

    ancora oggi. ottobre 2018. 😦

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    1. dettabroad ha detto:

      Quando finirà? E’ terribile e se ne parla sempre meno

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  2. Silvia Rossi ha detto:

    Sono in contatto con un ragazzo che vive (sopravvive) a Damasco…

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    1. dettabroad ha detto:

      Sai che non riesco neanche a immaginare come faccia?

      "Mi piace"

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